Dell’arte di disporre i libri [15]

È giunta l’ora di chiudere la serranda su questa ormai infinita divagazione sull’arte di disporre i libri. O quanto meno di provarci, visto che il numero progressivo recita 15.1. In ogni caso, archivio la faccenda con qualche commento e mail dei miei lettori, che perlopiù si sono divisi in due categorie, facili da intendere e descrivere. I disordinati cronici, ovvero rassegnati; e coloro che magari ci provano, o ci hanno provato, a tenere a bada la questione, con risultati alterni.
Oggi vi racconto dei primi, tra i quali rubrichiamo ad esempio un Anonimo, evidentemente ex alunno, innamorato dell’Ikea: “Ma prof… mi pare d’essere ancora al Liceo: IO paladino del disordine contro di TE alfiere dell’Ordine e del Metodo. I miei libri sulle librerie BENNO dell’Ikea, si dispongono da soli e sgomitano, per farsi rileggere da me… si spingono, si insultano, si beccano… W IL CAOS NELLE BENNO!!!!” E non dimentichiamo Chiara, che si divide (o moltiplica) per più dimore, dunque impossibilitata al catalogo efficace.
Insomma, questi miei lettori, ben più furbi di me, hanno per tempo capito che un ordine tra i libri non ha senso né sugo, per cui tanto vale lasciarli come stanno. Costoro ben sanno che qualsivoglia ordine è in verità un disordine con il vestito bello, che i libri vanno e vengono, che il catalogo non regge, che la vita pulsa altrove. Perché un ordine, alla fin fine, lo si può sempre attribuire a cose fatte, con uno sguardo sapiente, con il giusto distacco e tono. Ogni disordine, in fondo, è un ordine diversamente abile, probabilmente ricco di più percorsi e fughe.

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