Una nuova recensione. Questa volta tocca a Ida, lettrice che mi segue fin dagli esordi, e che ogni volta sa sorprendermi con le sue parole calde e misurate.
Impresa veramente ardua quella di commentare Ritorno in Irpinia. La copertina attira l’attenzione su una giovane figura femminile dagli occhi arrossati e persi nel nulla. Nei fogli che tiene in mano si cela la causa del dolore… La data dei fatti che verranno ricordati è posta a ritroso.
Apro il libro con una certa apprensione.
Le foto raccontano concretamente la violenza degli eventi e lasciano sgomenti con il loro tragico bianco e nero. Feriscono più queste immagini, scattate con i mezzi allora a disposizione, che tutti i reportages degli odierni inviati speciali. Anzi, mentre questi servizi sono normalmente accompagnati da un commento del giornalista, quelle sostituiscono ogni parola semplicemente con la loro severità e dicono le enormi difficoltà di comunicazione. I droni, i cani molecolari, le ruspe, le scavatrici, i tecnici addestrati a questo tipo di calamità, i soccorsi organizzati da squadre specializzate, erano di là da venire…
I tragici fatti d’Irpinia vengono raccontati con lo stile di sempre, diretto, semplice, talmente concreto e coinvolgente che, nel prosieguo della lettura, ho avuto la sensazione di camminare io stessa nella neve, di rabbrividire in indumenti inadatti, di accostarmi a quelle persone con la medesima fatica e sofferenza dell’autore. Sì, perché in questa cronaca c’è la straordinaria capacità di trascinare il lettore dentro l’avventura.
Naturalmente i personaggi che brulicano intorno alle rovine sono moltissimi e ovviamente tra loro diversi per età, provenienza ed esperienza, ma vengono presentati così bene che ciascuno mantiene la propria personalità inconfondibile, unica: volontari, soccorritori, vittime…
Nel dipanarsi degli avvenimenti vengono offerti agganci storici e letterari di grande livello, che arricchiscono la semplice narrazione, rendendo eterne e universali le emozioni suscitate.
È un libro che presenta un caleidoscopio di sentimenti e atteggiamenti. Ecco così la generosità di chi è arrivato in aiuto pur nella consapevolezza della propria incompetenza, la volontà di fare qualcosa di buono, lo sconforto per l’impossibilità di rimediare anche alle piccole difficoltà, la condivisione generosa, la dignità di chi ha perso ogni cosa, l’angoscia di chi spera in un miracolo, lo strazio lancinante dei familiari superstiti, la rassegnazione più cupa e il coraggio di chi vuole aggrapparsi alla speranza di una rinascita. E insieme l’infamia degli “sciacalli”, ladri di poveri ricordi, tanto preziosi per i sopravvissuti che hanno visto sgretolarsi tutto il loro mondo in novanta secondi!
Alla fine c’è lo sguardo impietoso sull’oggi, sull’avvilimento di una terra ricca, sfruttata e poi abbandonata, con un futuro in bilico – come commenta amaramente l’autore – tra l’urgenza di dimenticare e l’impossibilità di farlo.
Chiudo il libro e respiro profondamente. Un groviglio di emozioni mi turba davanti a queste pagine, che so essere nate dall’esperienza diretta, sulle barricate. Nel diario l’autore si era chiesto: “Che ci faccio qui?”, ed ecco la risposta: era lì per rendere una testimonianza inconfutabile, una memoria di cui dobbiamo essere grati.
Il mio nuovo libro è in vendita alla libreria Muratori di Capriolo, sul portale ElleLibri, su Amazon e su eBay. Per una copia autografata scrivete a claudio@claudiocalzana.it.
2 Commenti
Lo cercherò nelle librerie abituali perché non compro on-line niente, piccola resistenza in solitaria ormai.
Mi incuriosisce, dell’Irpinia di oggi si parla poco. Curiosa.
Recensione bellissima e anche commovente. Il libro deve valerne la pena, lo comprerò. Grazie.
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