Da Pippo a Popper

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Giulio se ne è andato un anno fa, e ancora non mi par vero. Lui che non si fermava mai, che dormiva se va bene due ore per notte, ma spesso nemmeno quelle, semplicemente addormentandosi nel mezzo di una frase per poi riprendere imperterrito da dove eravamo rimasti; i libri che citava a memoria, mi ricordo una presentazione io con fogli e fogli di appunti e lui con un dito nel libro: inutile dire chi se la cavò meglio; quella sua casa biblioteca con i libri da scavalcare se si voleva trovare, chessò, una sedia, un tavolo, il bagno. Insomma, di Giulio Giorello ne avrei da rievocare. Mi limito a qualche momento, che altrimenti si fa notte: come tutti sanno, e sennò ve lo dico io, per Giorello la libertà alla Stuart Mill era il riferimento filosofico ed esistenziale. Libertà che ha portato Giulio a scuriosare per i più diversi campi dello scibile, cercando di sanare la distinzione tra cultura umanistica e scientifica. Non a caso, oltre a scriverne di suoi, Giorello ha suggerito e curato più libri di qualsivoglia intellettuale italiano. Tra gli altri, il «Giornale di prigionia» di John Mitchel, patriota irlandese di metà ‘800. Era il 1991, fu un’edizione fortemente voluta da Gigi Lubrina per la collana che dirigevo insieme a Giulio Orazio Bravi. L’Irlanda era la terra del cuore di Giulio, fa un certo effetto ricordarlo oggi che si celebra il Bloomsday. Ma insieme ai filosofi irregolari e irriverenti, ai patrioti e rivoluzionari, ecco spuntare il Giulio dei fumetti. Quando scoprì che conoscevo bene Tex e me la cavavo abbastanza anche con Topolino, sono salito non poco nella sua considerazione. E così alternavamo Pippo a Popper, Lakatos ai Navajos. Lui poteva raccontarti un’intera avventura del ranger come se avesse l’albo davanti al naso, e raffinare quel senso recondito che tu, semplice lettore, manco ci avevi ragionato. Un giorno Giulio incaricò suo padre, già molto anziano, di riportarmi le bozze corrette del Mitchel. Gli andai incontro in stazione, camminava a fatica. Vedendolo così male in arnese, gli chiesi come mai si fosse prestato a quell’incarico. Con un sospiro mi disse: «Cosa vuole, mio figlio è troppo intelligente». Già, proprio così. Arrivederci, Giulio, uomo troppo intelligente, orgogliosamente libero e dolcemente inquieto.

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Magari a Giulio non sarebbero dispiaciute queste mie poche righe dedicate a Dario Fo e Bob Dylan.

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3 Commenti

  • Gichardnig Posted 16 Febbraio 2024 20:44

    Hello, its pleasant piece of writing on the topic of media print, we all be familiar with media is a wonderful source of facts.
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  • Ornella Bramani Posted 16 Giugno 2020 16:48

    Grazie Claudio, bellissimo questo tuo ricordo. Lo condivido subito!

    • claudio calzana Posted 16 Giugno 2020 20:09

      Grazie mille, Ornella!

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