Grazie, Fulvio

Aveva curato le opere di Testori e Tondelli, senza contare non so più quanti di articoli e saggi su autori di ogni letteratura, eppure Fulvio Panzeri aveva scelto di rimanere maestro elementare a Renate, il paese della Brianza dove era nato nel 1957. Più di una volta mi aveva raccontato della gioia e meraviglia per quel lavoro che lo “costringeva” alla chiarezza e all’essenziale. A Panzeri devo moltissimo, basta un aneddoto per capire quanto; un ricordo che voglio raccontarvi col sorriso che Fulvio merita anche in questa giornata così dolente e mesta.

Era il 2008, avevo pubblicato da poco Il sorriso del conte ed ero dirigente per la società editoriale presso la quale Panzeri collaborava come critico. Bene, un bel giorno mi faccio coraggio e gli spedisco il romanzo, per poi avvisarlo telefonicamente della cosa. Una telefonata di minuti uno virgola cinque, mie speranze che lo leggesse prossime allo zero, che gli piacesse ancor meno. Tre giorni dopo mi richiama lui e mi tiene al telefono tre quarti d’ora: prima mi confessa che aveva tremato all’idea che, dopo i comici di Zelig, pure i dirigenti si mettessero a scrivere, chissà i disastri in arrivo: e giù una bella risata; poi, che il libro l’ha letto d’un fiato, e gli è piaciuto un sacco; infine, ve lo giuro, mi ha snocciolato uno dopo l’altro i libri e gli autori che a suo dire avevo letto per scriverlo: in pratica è come se si fosse insediato nella mia biblioteca, con il dito andava indicando questo e quello, e non se ne perdeva uno, anzi semmai abbondava, regalandomi un sapere che io proprio mi sognavo. Travolto dalle sue lodi, devo aver balbettato giusto qualche ringraziamento. Lo richiamai giorni dopo per dirgli che, grazie alle sue parole, avevo ricevuto in dono la certezza che quel mio primo romanzo fosse di un certo valore. In un pezzo su Famiglia Cristiana era arrivato ad accostare quel mio esordio alle Vite di uomini non illustri di Pontiggia, roba che se ci penso mi confondo ancora.

Già, ma com’era Fulvio? Umile e riservato, non era certo tipo da salotti e prime file, decisamente affettuoso ma senza smancerie, uomo di antica fedeltà e misura: una persona generosa e mite, con quello sguardo che ti strappano i bambini quando non sono ancora impaniati dalla finzione; nella scrittura critica era diretto nelle predilezioni, sicuro nelle valutazioni, semplicemente incapace di soverchiare l’autore con chissà quali obblighi o modelli di stile e di scrittura: accompagnava per mano il lettore alla scoperta del tal libro e si faceva garante del valore. Come con i suoi bambini, per lui la gioia maggiore era regalare una scoperta e una passione, cosa che spesso basta e avanza per raggiungere la meta, e farsi come lui uomini buoni.


Alcune delle recensioni che Fulvio mi ha dedicato: Il sorriso del conte, Lux, La cantante. A inizio 2009, nell’indicare su Avvenire i romanzi da salvare dell’anno precedente, Panzeri ebbe la bontà di inserire pure il mio Conte.

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