Di chi è il calcio? Il Milan, le città, l’Italia

di Robi Amaddeo

Theo Hernandez in versione cinese.

Il calcio italiano è giunto a un punto di svolta con la decisione da parte della proprietà americana di allontanare Maldini dalla figura di responsabile tecnico che aveva svolto finora. Nasce in modo netto un’idea di sport e di calcio visto come una media company di intrattenimento, un’azienda che produce e vende spettacolo. Non è che prima non fosse così, soprattutto con l’avvento di di Berlusconi ormai quasi 40 anni fa, ma ora prende piede in modo strutturato quello che la proprietà americana del Milan intende sviluppare: una squadra , uno stadio nuovo, un sistema diverso di acquisire tifosi nel mondo, contratti commerciali in tutto il mondo , gestione piena di marketing, investimenti e utili. Certo il calcio italiano è un calcio malato , senza strutture di proprietà, vivai mal tenuti o usati per fare cassa, plusvalenze, debiti, ma guidato da un’emozione popolare che solo il calcio sa dare, un calcio dove forse ha diritto di esistere il termine populismo fatto di sogni e rabbia. Sono già di proprietà americana , oltre al Milan, anche la Roma, l’Atalanta , il Bologna , lo Spezia, il Venezia , il Parma, è cinese l’Inter, Saudita il Palermo. Berlusconi e Moratti, due imprenditori tra i più importanti in Italia, hanno lasciato rispettivamente Milan e Inter, le squadre della città economicamente più avanzata d’Italia, perché non potevano più competere con i flussi di denaro che altre aziende o persone possono permettersi. Quello che sta succedendo al calcio è quello che sta succedendo in Italia, nelle nostre città, nelle nostre aziende, nelle nostre relazioni. Finora l’immedesimazione della squadra con la città era un fatto vitale, sangue dello stesso sangue, le città assomigliavano alle squadre e le squadre ai tifosi che affollano le tribune assistendo alle partite magari restando delusi da una sconfitta, per poi tornare a casa nelle sere fredde, d’inverno, sotto Natale, con la nebbia. Me li vedo nelle loro case di periferia, con i muri sottili, magari pensano che non è più il caso di soffrire così per una squadra, ma poi ripartono a sperare, si illudono che la prossima partita, la prossima stagione potranno essere migliori. Troppo facile pensare a Jannacci e alla sua Vincenzina.

«Zero a zero anche ieri ‘sto Milan qui,
‘sto Rivera che ormai non mi segna più,
Che tristezza, il padrone non c’ha neanche ‘sti problemi qui».

Ecco, appunto, chi è il padrone? Di chi è il calcio ? E come glielo diciamo ai tifosi che per comprare un giocatore basta usare un algoritmo che ti dice quanti colpi di testa ha fatto in un anno o cosa dice nelle interviste. In una parola sola il Moneyball, il metodo che studia analiticamente le capacità dei giocatori ed elimina per sempre la figura mitica dell’ osservatore sulle tribune di quartieri periferici a cercare talenti. Chissà se avrà ragione Gerry Cardinale, io ho qualche dubbio; per esempio so che il calcio non è una scienza esatta, forse non è nemmeno una scienza. Infatti in America il calcio non ha mai sfondato perché gli Americani non concepiscono il fatto che esista uno sport dove non vince il migliore, il più secchione. «Il calcio è tempo, spazio e inganno» diceva Cesar Luis Menotti, e lo sanno anche i tifosi di non avere potere sulla loro vite, che le sconfitte valgono di più delle vittorie perché rendono ancora più bruciante il legame con vita. Anche Cesare Cremonini lo sa bene.

«Da quando Baggio non gioca più
da quando mi hai lasciato pure tu
non è più domenica
ma poi si dimentica
non si pensa, non si pensa più».


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1 Commento

  • Ugo Santi Posted 6 Giugno 2023 20:26

    Parole sante! Sottoscrivo al 100%! A parte che non tengo al Milan….

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