Brumana

23 dicembre 1928, stadio Brumana: la partita d’inaugurazione.

«Poiana».
«Cosa?».
«Poiana, la parola d’ordine».
«No, mi perdoni, ma…».
«Non stai cercando il uai fai? Devi scrivere poiana tutto minuscolo».
«Ah, la password».
«Eh, la parola per il permesso, quella. Ogni mese fanno un animale diverso, il prossimo è pennuto, per dire. Che poi non è un animale, gliel’ho detto all’infermiere e quello mi fa mica decido io! Pennuto è qualcosa con le piume, il canarino sarebbe un animale. Anzi è. Che poi il mio si chiamava Amleto. L’ho chiamato così per tanto che cagava».
«Mi scusi signora, ma proprio non…».
«Ti spiego: il principe della Danimarca cagava dubbi, lui invece roba gialla. Eh, ci siamo capiti».
Ora, mettetevi nei miei panni: la gentile signora avrà minimo superato gli 80. D’altronde in una casa di riposo ci sta. Fino a due minuti fa sembrava altrove con la testa, anzi non sembrava proprio. Assopita, lontana, e invece pure la password mi ha tirato fuori. E il canarino.
«Così mi dici l’Atalanta».
«Prego?».
«L’Atalanta, cos’ha fatto. Non c’è dentro tutto in quel coso lì?».
«Ah certo, adesso vedo, un attimo che, abbia pazienza…: 4 a 1».
«Bene!».
«No, mi scusi, ecco, ha vinto l’Inter…».
Si vede che la cosa la turba. Va bene che gli anziani le facce non le capisci, sono tutti una ruga, ma una smorfia è una smorfia.
«I gol?» si riprende.
«Eh, 4 a 1, sono 5».
«Ho detto chi ha segnato, barabba! Avrai un terzo dei miei anni e sei più lento di Chernobyl».
«?».
«La mia tartaruga, Chernobyl, tutti i fiori mi faceva fuori quella disgrazia».
«Aveva uno zoo in casa» provo a svariare.
«Se proprio anche due gatti e un cane».
Tremo all’idea dei nomi.
«Allora, ’sti gol?».
«Un attimo che vedo, Shaqiri, Moralez, due volte Guarin e Palacio».
«Dimmi anche la classifica. Come siamo messi?».
«Allora…, in fondo ci sono Atalanta 23, Cagliari 20, poi Cesena e Parma dietro».
Sembra più tranquilla, o forse ha semplicemente esaurito le pile. Cosa vuoi, gli anziani hanno una tenuta limitata. E invece.
«Lei cosa fa? Pompe funebri?».
«Come pompe funebri?».
«Oggi è domenica, passano sempre per conoscere i parenti. Ti parlano del più e del meno, piacere qui piacere là, anch’io ho qui la nonna… Balle! Non hanno nessuna nonna, son qui per le bare. Al momento dei saluti ti passano il bigliettino, nella speranza che non le debba mai servire, ma nel caso…».
«No, guardi signora, sono un dottore».
«Di cosa?».
«Geriatria, specializzato in traumatologia, master in articolazioni».
«Sarebbe?».
«Tipo gomiti, ginocchia…».
«Adesso voi dottori sapete tutti un pezzettino e basta. Ai miei tempi c’era un dottore solo, delle volte neanche quello. Te sai come si curava il verme, per dire?».
«La tenia, intende?».
«Eh, il verme. Primo ti lasciavano a digiuno tre giorni, una fame che neanche in tempo di guerra. Poi un bel latte caldo nella tazza, tanto miele dentro, e tu lì sopra a respirare con la bocca aperta. Il verme, che crepa dalla fame anche lui, fa il percorso contrario, e quando spunta dalla bocca, zàcchete, un bel taglio di forbici e addio».
Tremo all’idea che mi chieda come si cura oggi la tenia. L’avrò anche studiato, ma chi si ricorda?
«Se sei dottore cosa sei qui a fare? Qui di camici ’n ghé n’à a sé».
«Ho il colloquio, forse mi prendono. Non saranno le terme di lusso, però come inizio…».
«Perché, cosa gli manca qui?».
«Beh, si guardi in giro, il posto è un po’ così così».
«E in un posto così così ti fanno venire la domenica?».
«Mi han detto che avevano urgenza».
Non sto a dirle che se mi prendono ho svoltato. A trentadue anni passati più che guardie niente.
«Tutto mi rubava la bastarda».
«Chi, scusi?».
«La Bolivia. Anche il Guttalax mi ha portato via. E i figli a dirmi basta badante, mamma, meglio il ricovero che sei più sicura. Comodi così, il ricovero. E loro mai che si fanno vedere. Cioè, mai: diciamo raro. Che io me le ricordo le visite, cosa crede, anche se sono del ’19 sono mica scaduta».
«Però, 96 anni, complimenti».
«Ancora 95, prego. E poi complimenti cosa che dopo i 90 non li puoi neanche giocare al lotto?».
Mia nonna giocava sempre gli stessi numeri: ottantuno, ventisette, trentacin…
«Domenica, mi chiamo Domenica: così hai l’onomastico ogni settimana, diceva mia madre. Nel ’19 il 3 agosto quando sono nata io era il giorno del Signore. L’armistizio è stato il 4 novembre prima, i miei si vede che ci hanno dato dentro, quindi…».
Pausa della serie fino a nove sai contare anche tu.
«L’Atalanta…».
«Ha perso 4 a 1, gliel’ho detto pri…».
«Ma quello mi ricordo, cosa credi che sono scaduta? Ti racconto la prima volta che l’ho vista giocare. Era il 31 ottobre del ’28, quando hanno inaugurato il Brumana, lo stadio nuovo. Lo sai perché a ottobre? Ma cosa te lo chiedo a fare che sai solo i gomiti! Allora le inaugurazioni erano tutte in quei giorni lì, perché era l’anniversario della marcia su Roma. Solo che il Brumana a ottobre mica era pronto, no. Però bisognava far qualcosa, la data era la data, capace che veniva su Mussolini a spazzolare tutti. E a quei tempi lì, caro il mio giovanotto, in ritardo non si poteva neanche cagare. Quindi al Brumana hanno inaugurato per finta, una specie di cerimonia. Però con la Triestina abbiamo fatto 4 a 1, per noi quella volta».
Sorride. Si vede che certi ricordi fanno bene al cuore.
«Altro che perdere in casa. Ti dico chi ha segnato?».
Inutile opporsi, tanto…
«Gianelli Volta Perani e ancora Gianelli, per loro un nome tipo Scior, Scer, una roba così».
Ma come fa questa che io non mi ricordo neanche cosa ho mangiato a pranzo?
«Prima del Brumana si giocava alla Clementina. Nereggiante di folla scriveva sempre L’Eco. Per forza che nereggiava, in tribuna ci saranno stati dico tanto 300 posti!».
Ma la Clementina non era un ricovero anche quello? Neanche il tempo di tirar fuori il dubbio che la vecchia va avanti imperterrita.
«Cosa vuoi, a ottobre la tribuna del Brumana non era mica pronta, siamo andati ai distinti. Venti lire per uno, ma hai presente? Venti lire. Era un giovedì, anche allora il campionato si giocava in mezzo alla settimana, cosa credi? Mia madre dice figurati Attilio la bambina non sta bene portarla allo stadio. E io la porto lo stesso: il Patelli Attilio, mio padre dico, per dare fastidio alla gente era un campione».
Pausa della serie riposi in pace amen.
«Lo stadio a posto invece l’hanno inaugurato sotto Natale. E pensa che vicino alla curva di qui c’erano le piscine, dall’altra il tennis. Roba di lusso. Lo sapevi? Ma figurati, cosa vuoi sapere te».
Pausa con tanto di sospiro.
«Quella volta abbiamo battuto la Dominante, che poi sarebbe la Sampdoria di adesso. Abbiamo giocato all’una, magari è stata la prima partita a pranzo. Due a zero e tornatevene in Liguria cefali che non siete altro!».
Ancora animali: un tormentone.
«Allora, quella volta lì per l’inaugurazione vera c’erano tutti i fasci possibili e immaginabili, anche l’Arnaldo, il fratello del Benito; hanno fatto tutta la processione dal centro fino al campo, e pensa che c’era giù la neve».
Pausa della serie altri tempi.
«Eh, allora eravamo noi la Dominante. Però quella volta niente Brumana, la partita l’ho vista dalla Fara col binocolo: al fronte lo zio Augusto aveva perso una gamba e si era portato a casa un cannocchiale. Certo che come scambio ’l g’à smenàt bé!».
Economia di guerra, capitolo uno.
«Te lo sai chi era?».
«Chi, lo zio Augusto?».
«Ma il Brumana, pampalugo!».
«Un calciatore?» azzardo.
«Ma va là! Era un fascista della prima ora, proprio come mio padre, neanche un dubbio. Per i Diciannovisti il Duce aveva un occhio di riguardo. I suoi preferiti. Mario Brumana l’hanno fatto fuori i sovversivi nel ’22, era il minimo intitolargli lo stadio».
«Ma non è Atleti Azzurri d’Italia?».
«Cosa?».
«Lo stadio, adesso si chiama così».
«Ma sarà mica un nome quello? Un nome è Mario come il Brumana, Domenica come me, per dire. Atleti azzurri, póera cà sènsa tècc! Te a proposito come ti chiami?».
«Giorgio, Giorgio Mazzoleni».
«Ecco, appunto, pensa se ti chiamavano Atleta Azzurro. Ma si potrà?».
«Mi scusi, signora Domenica, ma Brumana, cioè non è per il nome, ma un fascista, dai, ci sta che a un certo punto… Insomma, non mi pare il caso che oggi…».
«Ah non gli pare il caso al giovanotto!».
«Cioè, erano altri tempi…».
«Il guaio è che sono oggi gli altri tempi».
Pausa della serie ’n cö l’è töt rebaltàt.
«Te che squadra tieni?»
«No, io non è che seguo proprio… Però, certo, quando vedo giocare il Barcellona…».
«Il cosa?».
«Barcellona. Ha presente Messi, Neymar…?».
«Ma tu non sei di Bergamo?».
«Certo».
«E anche i tuoi?».
«Eh, Mazzoleni…».
«E tu che ti chiami Mazzoleni, che sei di Bergamo, che anche i tuoi sono di qui, tu tieni al Barcellona?».
«Tengo…, cioè, sono forti».
«Eccoli qua i giovani di oggi! C’è una squadra di Bergamo che farà anche fatica, non discuto, mai uno scudetto e va bene, però l’Atalanta è l’Atalanta. Che poi lo stadio, se ci pensi, uno al limite non sa neanche come si chiama: uno per dire chiede: “Cosa fai domenica?” e l’altro: “Vado all’Atalanta”. Ecco: stadio uguale Atalanta. Neanche il dubbio ti deve venire. E il signor dottor Giorgio Mazzoleni invece tiene al Barcellona. Sai cosa ti dico? Ma va a scuà ’l mar, dutùr!».

———

«Bene, dottor Mazzoleni, molto bene. Il suo curriculum è eccellente, sì, lei potrebbe essere proprio la figura che cerchiamo: giovane, esperienza, e poi questo master in articolazioni all’Università di San Antonio…. Ecco, guardi, penso di potermi esprimere anche a nome dei colleghi, direi che ci siamo. Ovvio che va fatto un passaggio sulla proprietà, sa com’è, noi diamo il parere tecnico, ma per mille ragioni…».
«Certo, ci mancherebbe».
«Allora, non appena possibile sentiamo la titolare. Domani, martedì al massimo, ci aggiorniamo».
«Ottimo, grazie mille».
«D’altronde, la signora guai a scavalcarla, ficca il naso dappertutto, i figli li comanda a bacchetta. Da quando vive qui, poi… Cosa vuole, la signora Domenica a momenti ne compie 96».
«Ha detto… Domenica?».
«Sì, Domenica Patelli. Perché, la conosce?».


Questo mio racconto è inserito nel volume di AA.Vv., Gente di Bergamo, a cura di Paolo Aresi, Bolis edizioni 2015. Altri miei racconti, per gradire.

2 Commenti

  • Ida Bamberga Premarini Posted 1 Luglio 2023 10:26

    Non avevo mai letto questo racconto, ma scorrendolo rapidamente ho avvertito il profumo inequivocabile di una gustosa pièce teatrale in puro stile claudio-calzaniano. Vogliamo ragionarci un attimo a sipario alzato? Fondale: il giardino di una casa di riposo per anziani. Protagonisti: Domenica, un’anziana ospite, e Giorgio, un giovane medico alla ricerca di un’assunzione nella struttura. Il colloquio parte in sordina: decisa e grintosa la donna, stupito e imbarazzato il giovane. Da parte di lei c’è una memoria di ferro che la riporta come se niente fosse ai tempi e agli avvenimenti della sua giovinezza; da parte di lui un gelido cellulare che fornisce tecnicamente le risposte e le informazioni richieste. È un incalzante crescendo tra la di lei parlata semplice, popolare ma non banale – favorita da agghiaccianti frecciate dialettali – e il di lui linguaggio corretto e quasi timido di fronte all’irruenza dell’interlocutrice. Vorrei sottolineare che nelle battute dell’anziana si annidano pennellate di cultura, nascoste nei nomi dei suoi animali domestici (Amleto, l’infelice principe di Danimarca; Chernobyl con il disastro nucleare…) e nel soprannome della precedente badante: Bolivia, a dire un regime inflessibile. Assolutamente esilarante, ma guardiamoci bene dal considerarlo superficialmente un divertente e serrato scambio di domande e risposte, perché dall’inizio alla fine vi si dipana il filo rosso della Grande Storia in veste bergamasca: il ventennio fascista, la guerra, la ricostruzione, il nuovo nome dello stadio. Ed ecco il profilarsi di una felice la conclusione: il dialogo del dottore con la commissione esaminatrice risulta positivo, l’assunzione è praticamente sicura. Ma per il rilassato lettore c’è l’inaspettata mazzata finale: chi deciderà la sorte del candidato sarà proprio la signora Domenica, insospettabile titolare della RSA, che aveva congedato il medico con uno sprezzante: «Ma va a scuà ’l mar, dutùr!», dopo aver saputo che lo sventurato era tifoso del Barcellona e non dell’Atalanta, pur essendo bergamasco da generazioni. Un tradimento consapevole e imperdonabile! Rimaniamo a bocca aperta per la sorpresa, mentre cala il sipario sull’incerto esito della vicenda…

  • Aldo Posted 13 Giugno 2023 13:45

    Mi ha fatto ridere come un matto!!!

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