Dalla parte del bene

Dalla parte del bene è bel romanzo di Martin Fahrner tradotto da Laura Angeloni ed edito da Keller. Nella Cecoslovacchia dell’invasione sovietica, la voce narrante di un bambino evoca le gesta sportive del padre, un tempo capitano del Kostelec. Il brano che ho scelto rievoca la dichiarazione d’amore del padre alla madre dello scrittore, fatta a suon di gol. Un brano insieme epico e lieve, con un sorriso complice, come spesso accade nella letteratura di quelle latitudini.

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E a un certo punto mio padre conquistò la palla e cominciò a correre verso la porta avversaria, col difensore nemico letteralmente alle calcagna. Quando papà passò davanti al posto dov’era seduta mia madre fece come per girarsi, ma poi si bloccò con la palla attaccata al piede. Colto di sorpresa l’avversario continuò a correre e in quel breve lasso di tempo che gli ci volle per girarsi e tornare indietro, papà riuscì a fare un cenno alla mamma e a sorriderle, poi aggirò la difesa dell’avversario, che intanto gli si era lanciato addosso fumante di rabbia, e dribblò nell’aria di rigore fin davanti al portiere.
In questi casi il portiere non può rimanere fermo nella porta, deve farsi incontro all’attaccante fino alla linea dell’area di rigore se necessario, in modo da coprire l’angolo il più possibile, ma deve stare attento a un eventuale pallonetto, e deve lanciarsi nell’istante esatto in cui l’attaccante calcia la palla. Fu appunto quello che fece il portiere, si tuffò nella direzione che pensava avrebbe preso il pallone, quella di papà però era una finta e all’ultimo secondo bloccò il piede. E mentre il portiere atterrava a qualche centimetro da lui, completamente sfiancato, papà con un leggero pallonetto fece cadere la palla proprio sulla linea di porta.
A quel punto si inginocchiò a terra di fianco alla palla e osservò con tutta calma i difensori avversari che correvano verso di lui sperando in un errore che consentisse loro di conquistare la palla. I tifosi guardavano col fiato sospeso. Quando i difensori entrarono nell’area di porta sembrava ormai impossibile che papà segnasse, ci avrebbe messo troppo ad alzarsi e a tirare. Ma all’ultimo secondo, con il primo scarpino avversario ormai vicinissimo alla palla, papà fece un gran sorriso e con un tiro di testa spinse la palla in porta.
E mentre tutti i difensori avversari, incapaci di arrestare la corsa, venivano catturati nella rete, papà corse lentamente sul campo con la mano alzata fin davanti al posto in cui la mamma era seduta.
Quel giorno papà segnò tre gol e ogni volta corse con la mano alzata fin davanti alla mamma. Alla fine gli avversari non cercavano più di rubargli la palla, ma lo marcavano stretto nel tentativo di infortunarlo, e qualcuno gli fece davvero lo sgambetto da dietro mentre avanzava verso la porta e papà piombò a terra con tutta la forza della sua corsa, tanto che la mamma vide schizzare in aria delle zolle di terra. Pensava che non si sarebbe rialzato più, ma invece papà torno in piedi e l’arbitro sollevò il cartelino giallo in direzione da giocatore che lo aveva buttato a terra.
Trattandosi della squadra di casa ci fu un grande clamore e tutti i tifosi cominciarono a battere i piedi e a gridare e a tirare pugni alla balaustra per intimorire l’arbitro ed evitare che lo facesse di nuovo.
Ma papà non si spaventava mai e anche quella volta, mentre la gente batteva sulla balaustra, lui si piazzò davanti alla mamma e sorrise, per mostrarle che era calmissimo. Quando la partita fini, prima di entrare negli spogliatoi papà scavalcò la ringhiera e davanti a tutti prese la mano della mamma e le disse che i gol che aveva segnato erano per lei. Puzzava di sudore, aveva il viso pieno di terra e gli usciva sangue dal gomito, ma le baciò la mano e a lei non importava se tutti li guardavano, perché sentiva un’ondata di caldo e non riusciva più a deglutire, e per un momento le sembrò quasi di cadere dalla sua seduta con un dolce abbandono, e allo stesso tempo di volare in aria, in alto, lassù dove arrivano solo i desideri, solo i sogni.
La mamma non notò nemmeno quanto fosse nervoso papà quando usci dagli spogliatoi, era la prima volta che provava a baciare una ragazza e doveva raccogliere tutto il suo coraggio per allontanare la paura che la mamma potesse ridere di lui, lui che viveva dietro un cancello di metallo, che balbettava, che dopo essersi inginocchiato aveva i pantaloni pieni di fango.
La mamma annuiva, nonostante nemmeno capisse ciò che le stava dicendo. Guardava papà fisso negli occhi e annuiva a tutto, perché lui era il suo eroe e lei gli andava incontro. Davanti e dietro di lei vedeva tutto annebbiato. Non ci volle più di un secondo. Era pronta ad andare ovunque, a smettere di mangiare, a smettere di dormire, a cucire, a lavare e spolverare, a dedicare tutto il suo tempo e le sue forze e ogni cosa che era in suo possesso al suo eroe.


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1 Commento

  • Ida Bamberga Premarini Posted 28 Giugno 2023 20:24

    In casa mia non ho mai respirato un’atmosfera di particolare attenzione, simpatia ed entusiasmo per il gioco del calcio, né nella famiglia di origine, né in quella matrimoniale. L’unica occasione in cui, da bambina, ho sentito parlare i miei genitori di questo sport – e purtroppo con profondo dolore – è stata la tragedia di Superga nel 1949, in cui l’aereo che trasportava l’intera squadra del Grande Torino si schiantò contro un muraglione della basilica. Tutti morti! Ma venendo a noi, ho letto tutti gli articoli, davvero uno più godibile dell’altro. Quello che più mi ha sedotto è stato “Dalla parte del bene”. È un vivace intrecciarsi di sentimenti e di emozioni, ma soprattutto regala un lampo di tenerezza pur nell’incalzare del gioco e della tensione agonistica. Cose d’altri tempi, cioè ’n cö l’è töt rebaltàt, come afferma decisamente la signora Domenica in “Brumana”…

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