E qui viene il bullo

No, di bulli e bullismo proprio non mi andava di scrivere, anche se a giorni – il 7 febbraio – cade la Giornata mondiale contro il bullismo. D’altronde cosa vuoi dire di nuovo rispetto a certe violenze assurde e immotivate? Il naturale approdo è la condanna sterile, l’ovvio, il risaputo. Così, per antica consuetudine, ho aperto un dizionario di etimologia. Il termine bullo viene dall’antico germanico bule – o dall’olandese boel – che sta per amico fraterno, con accezione positiva. Sì, il bullo era un amico, qualcuno da ammirare per le sue evidenti qualità. Ma come è avvenuto che il termine abbia preso un’accezione negativa? Non garantisco, ma ci provo. In origine, il bullo è un soggetto con qualità evidenti, qualcuno che ci è superiore in e per qualcosa. Agisce in un contesto dove queste qualità vengono additate ad esempio. Oggi non è più così: non è cambiata la parola, è cambiato il mondo. Oggi il bullo cerca in maniera violenta quella visibilità un tempo naturale e soprattutto riconosciuta. La sua è una domanda di attenzione, dunque, ma esprime anche un bisogno più profondo, che va intercettato. Quello di incontrare finalmente qualcuno che lo sappia fermare. Tenetevi forte: sotto sotto il bullo chiede giustizia. È come se dicesse: «Non c’è giustizia attorno a me e te lo dimostro prendendomela con l’ultimo degli sfigati. Faccio cose indifendibili per vedere se qualcuno ha il coraggio di fermarmi». Quindi, che fare con questi ragazzi complicati? Proposta: facciamo loro comprendere che abbiamo capito che vogliono essere fermati, che in quanto adulti li possiamo aiutare a cambiare lo sguardo e l’intenzione. Proviamo a dire loro, con fermezza: «So – sento – che vuoi che le cose siano migliori. Per te, per tutti. Se ti va, possiamo provarci insieme».


A proposito: è meglio una testa ben piena o una testa ben fatta?

1 Commento

  • Adele Grandi Posted 4 Febbraio 2022 11:24

    Sottoscrivo ogni parola, anche la punteggiatura…… Grazie!

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