Un frate bergamasco in Amazzonia

Quando la visiti, ne rimani semplicemente sovrastato: l’Amazzonia è espressione perfetta di un mondo insieme sublime e minaccioso. Da tempo il polmone verde del pianeta soffre l’aggressione della “civiltà” del consumo e dello scarto, vivendo sulla propria pelle la disputa per accaparrarsi gas, petrolio, legno, oro, risorse naturali solo in apparenza inesauribili. In questo quadro desolante, gli indigeni sono un semplice ostacolo, da rimuovere con ogni mezzo. Il Sinodo indetto da Papa Francesco nel 2019 ha letteralmente messo il dito sulla piaga. Già nel gennaio del 2018, in Perù, Bergoglio affermava: come si può ignorare «che la difesa della madre terra non ha altra finalità che non sia la difesa della vita?». L’Amazzonia non è una faccenda locale e tanto meno semplicemente ecologica: è l’emblema di ogni devastazione, e come tale ci consente di toccare con mano i problemi più drammatici del nostro tempo. 

Lacrimabili statu

Non è la prima volta che un Papa si occupa di Amazzonia. Nella «Lacrimabili statu», promulgata il 7 giugno 1912, Pio X scriveva di «sevizie e delitti, scelleratezze e malvagità» commessi sugli indigeni, e del «mercato» che si fa anche di donne e bambini. «A rendere gli animi tanto feroci certo grandemente influisce la cupidigia del lucro». Un grido di dolore, quello di Papa Sarto, che potrebbe aver contribuito alla vocazione di un bergamasco che per oltre trent’anni fu missionario in Amazzonia.

Da Alessandro a Cesario

Alessandro Minali nasce a Colognola nel 1897. Operaio alla Gres a 15 anni, a 17 si licenzia per seguire la propria vocazione, raggiungendo il Seminario di Lovere. Lì prende il nome che lo avrebbe accompagnato tutta la vita, Cesario. Nel 1916 però viene richiamato al fronte, dove scampa per caso a una decimazione, fatto da lui ricordato sempre in chiave provvidenziale. Solo nel 1920 rientra a Lovere, dove riprende gli studi e diviene sacerdote nel 1928, scegliendo di appartenere all’ordine dei Frati minori Cappuccini. Come ricorda il suo biografo, Metodio da Nembro, il frate bergamasco desidera ardentemente la vita di missione. Chiamato al Seminario di Albino, alterna l’insegnamento a lavori di falegnameria, particolarmente apprezzati dai confratelli.

Il sogno si avvera

Il vescovo Lonati, di stanza a Grajaù nel Maranhão, è in cerca di un segretario affidabile, colto e intraprendente. Conosce Padre Cesario e lo sceglie al primo incontro. Nel 1931 Minali si trova così catapultato in una prelatura più vasta dell’intera Italia del Nord: tra i suoi compiti, l’assistenza ai fedeli, la catechesi agli Indios, la carità per i più bisognosi, la costruzione di scuole, ricoveri e ponti, oltre che i complessi lavori per la cattedrale di Grajaù. Una vita dura, in condizioni climatiche proibitive, con quasi quattromila chilometri ogni anno a dorso di mulo per raggiungere i villaggi disseminati nella foresta pluviale. Padre Damiano da Erbanno lo conosce nel 1937: «La mia impressione fu quella di un uomo aperto, di larghe idee e ben consapevole degli urgenti problemi della prelazia. Mi sembrò persino che certe sue intuizioni e novità fossero quasi azzardate; a rifletterci oggi, direi che antecedevano il Concilio Vaticano II».

L’inferno verde

Durante la Seconda guerra mondiale è nominato superiore a Fortaleza, dove la sua prudenza scongiura non pochi contrasti e difficoltà; viene poi chiamato per sei anni a reggere l’intera missione lombarda del nord del Brasile, un territorio a dir poco sconfinato. Nel 1953 è eletto amministratore apostolico dell’Alto Solimões, all’estremità occidentale dell’Amazzonia brasiliana. Una sterminata estensione di foreste meglio nota come «Inferno verde». Tra miliardi di zanzare e montagne di problemi, chi lo incontra ricorda un frate semplice e alla mano, alto e segaligno, la fluente barba bianca, gli occhiali spessi e un eterno sorriso. A Milano, nel giugno del 1955, il cardinal Montini lo consacra vescovo dell’Alto Solimões. Il 29 giugno del 1958 il vescovo bergamasco fa il suo ingresso trionfale nella nuova prelatura di Carolina. Quello stesso giorno il Brasile di Pelè vinceva i mondiali di calcio in Svezia.

Con Papa Giovanni

Nel settembre del 1959 Minali incontra Papa Roncalli, che lo sprona con queste parole: «Il Santo Padre e i bergamaschi sono missionari nati». Minali è assiduo frequentatore dei lavori del Concilio. Nella tesi di laurea dedicata alla ricezione del Vaticano II in Maranhão, Sergio Ricado Coutinho dos Santos afferma che il vescovo bergamasco «rappresenta una coscienza storica convenzionale unita ad alcuni elementi post-convenzionali […] e non si sottrae alla responsabilità di offrire qualche suggerimento-proposta al Concilio». Nei documenti preparatori, infatti, Minali si rivolge al papa in italiano, raccomandando l’uso della lingua locale per il rito e l’amministrazione dei sacramenti, in modo da favorire la massima partecipazione dei fedeli. 

Dolce figura di apostolo

Dopo lunghi anni in luoghi inospitali, proprio a Roma fra Cesario si ammala di una tosse ostinata. Se la trascina in Brasile, e gradatamente si trova costretto a ridurre la propria attività. Riesce a portare a termine la raccolta fondi per un lebbrosario, chiamato Nembro perché i fondi venivano perlopiù dagli amici del paese seriano, ma poi deve arrendersi e tornare in Italia per curarsi. Il respiro è faticoso, il cuore balbetta. Padre Minali sconta tutti i malanni di una vita condotta senza risparmio: spira a Bergamo il 13 giugno del 1969. La sua salma riposa nel cimitero di Colognola, nella cappella che raccoglie le spoglie dei religiosi nati in quello che oggi è un quartiere di Bergamo. L’iscrizione sepolcrale lo ricorda come «ieratica, dolce figura di apostolo, di padre e pastore del popolo di Dio». La via a lui dedicata, a due passi dalla chiesa di San Sisto, ti accoglie con un parco e una scuola, verso nord uno scorcio di Città Alta. Gli aerei in decollo si susseguono senza requie, a richiamare l’apostolato di fra Cesario tra i popoli e luoghi del Brasile più fragile e segreto.

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Pasqua 1911, il primo volo su Bergamo

2 Commenti

  • Ida Posted 27 Settembre 2021 19:59

    Ho letto il Suo interessante articolo sulla figura di padre Cesario Minali, missionario in Amazzonia in tempi non remoti, e sono stata felicemente sorpresa dalla sua biografia, che attesta la sua nascita e la sua dimora ultima in quel di Colognola, in Bergamo. Abito in questo quartiere da diversi anni e ho sempre amato la sua storia, che affonda le radici nell’epoca romana e vede poi eventi assai rilevanti in tutto il corso dei secoli. Ecco, caro Calzana, nello scrigno di tante preziose memorie storiche, Lei mi ha dato l’opportunità di deporre anche questa perla, la conoscenza di un uomo straordinario per fede e coraggio. E bergamasco!
    È ovvio che quando passerò per la via a lui dedicata, i miei passi e i miei pensieri non potranno più restare indifferenti…
    Grazie

    • claudio calzana Posted 28 Settembre 2021 12:24

      Sono io che ringrazio lei, carissima Ida. L’affetto con cui da anni segue quel che scrivo è per me davvero prezioso.

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