Era l’inverno del ’59, forse inizio ’60. Mia mamma mi porta al laghetto dei cigni accanto al teatro Donizetti di Bergamo. Obiettivo: scattare una foto con cigno. Senonché i cigni non è che stanno proprio fermi ad aspettare che li fotografi, per cui era tutto uno “spostati un po’, guarda che il cigno è andato dall’altra parte, meglio se ti giri, prova a chiamarlo…”. Siccome così non funzionava, è scattato il piano B: “diamo da mangiare al cigno, così siamo sicuri che viene vicino”. Io sono lì con il mio bravo pezzo di pane, il cigno arriva, foto scattata: giuro che se la trovo la scansisco e la allego. Senonché, qui viene il bello, il cigno prima prende il pane, poi si fa fotografare e da ultimo con il becco prende il mio cappottino della festa, se lo tira dietro al punto che io finisco nel laghetto summenzionato. Urlo di madre, spavento di passanti, bambino bagnato fradicio. Precisiamo: faceva un freddo becco, giusto per restare in tema. La morale? Ci sono prime volte che per fortuna restano tali. E non è che vado proprio pazzo per i cigni…
L’immagine (Cigno, 2006) è opera dell’artista e body painter Guido Daniele.
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