Quando ero piccolo, gli affettati in casa erano il prosciutto cotto, il salame (soprattutto) e la pancetta. Del crudo non sospettavo l’esistenza fino a quando, un certo giorno – non ero piccolo, nemmeno grande, ero in un’età priva di categoria certa – si va fuori a mangiare. Arriva il menu e leggo, con sorpresa, prosciutto crudo. Come, crudo? Mai sentito, mai assaggiato. Lo chiedo e i miei mi guardano malissimo: «Veniamo al ristorante e tu ordini un affettato?». Ho capito, ma per me era una novità assoluta. Morale, tengo duro, crudo e basta. Arriva il piatto e comincio a mangiare. Sennonché andò che, tra curiosità e fame, mi son fatto un boccone troppo grosso, poi il crudo di sa che ha dei maledetti filetti di grasso che non riesci a mandarli giù: risultato, un bolo fuori portata. Dovendo pur far finta di mangiare, ero osservato speciale, ogni tanto mettevo in bocca una nuova fetta, peggiorando la situazione. A un certo punto, l’inevitabile: lo sputo del mega boccone, di nascosto, ma cosa vuoi, vengo beccato al volo. E qui comincia la ramanzina: «Ma bravo, ordini il crudo e poi lo sputi, noi a casa non lo compriamo perché costa troppo, tu invece guarda qui che schifo, che vergogna…». A un certo punto il prosciutto crudo è comparso anche in casa, ma tempo dopo, come minimo ero alle medie. Ricordo che se ne comprava mezzo etto alla volta, per dire il lusso, di più giusto a Natale.
Il libro di Enzo Bianchi, Il pane di ieri
1 Commento
Io me ne ricordo poche di "prime volte" e forse non degne di nota ma una in particolare mi ha segnata: la mia prima macchina.
Era una seicento bianca di quelle con il motore dietro al posto di quello che è oggi è il bagagliaio. Avevo due anni, stavo sulle gambe del mio papà che la accendeva nel cortile di casa e mi faceva girare il volante.
Devo dire che già da allora si notava la scarsa attitudine al mezzo..
un abbraccio
Anna
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