Breve storia delle lacrime 2

Francesco Hayez, Ulisse alla corte di Alcinoo (1814-1816).

Fluidi
Il corpo innamorato, afferma Barthes, è un corpo bagnato, in liquida espansione. E le lacrime in amore sono spesso protagoniste, come canta il Petrarca in questa sua Rima.

Et io son un di quei che ’l pianger giova;
e par ben ch’io m’ingegni
che di lagrime pregni
sien gli occhi miei sì come ’l cor di doglia;
e perché a cciò m’invoglia
ragionar de’ begli occhi,
né cosa è che mi tocchi,
o sentir mi si faccia così a dentro,
corro spesso, e rientro,
colà donde più largo il duol trabocchi
e sien col cor punite ambe le luci,
ch’a la strada d’Amor mi furon duci.

Ancora lacrime in questa scena del primo romanzo di Goethe. Werther e Lotte stanno leggendo ad alta voce le poesie di Klopstock, lui la sfiora, entrambi versano lacrime per i versi e quel minimo contatto. Nel caso di Paolo e Francesca, invece, il fluido è invece quello del coito – sempre per colpa di un libro letto insieme – e poi del sangue, per mano del coniuge tradito. Mentre ascolta il racconto, Dante si scioglie in lacrime, e poi per giunta sviene. Italo Svevo coglie perfettamente il punto «Le lacrime non sono espresse dal dolore, ma dalla sua storia» (La coscienza di Zeno).

Di nascosto
Anche gli eroi antichi piangono, consapevoli della fragilità dell’uomo. Alla corte dei Feaci, mentre l’aedo narra la caduta di Troia, Ulisse nasconde il suo pianto nel mantello.

«Queste cose cantava il cantore glorioso: e Odisseo
si commosse e le lacrime bagnavan le guance sotto le ciglia. […]
A tutti gli altri poté nasconder le lacrime,
Alcinoo solo se ne accorse e capì,
sedendogli accanto, udì i singhiozzi pesanti;
e subito ai Feaci amanti del remo parlò:
“Sentite, principi e capi feaci,
Demòdoco faccia tacere la cetra sonora,
perché non a tutti gradita questa gesta racconta.
Da quando ceniamo e sorse il cantore divino,
da allora mai smise gemito e pianto
l’ospite; certo molto dolore intorno al cuore gli viene. […]
e tu dimmi perché piangi e gemi dal cuore profondo
dei Danai Argivi e d’Ilio ascoltando la sorte”».

In tutt’altro contesto, ma con la medesima intenzione, troviamo una poesia di Emily Brontë. Per la scrittrice inglese le lacrime più vere, le lacrime davvero sincere, sono quelle che non mettiamo in mostra.

Lei si asciugò le lacrime e loro sorrisero
nel vedere le guance ritrovare la vita;
senza immaginare che per tutto il tempo
quel cuore in piena stava per straripare.

Con quello sguardo dolce, il tono vivace,
e gli occhi che risplendevano tutto il giorno,
non potevano indovinare che a mezzanotte, sola,
avrebbe pianto quel tempo perduto.

Questo tipo di pianto non vuole ottenere nulla, quindi non simula; semmai dissimula, cioè nasconde agli altri emozioni e sentimenti. In entrambi i casi il contesto è comunque e sempre sociale: chi piange cela le proprie lacrime per proteggere chi gli sta vicino, per rispetto, per imbarazzo, persino per amore. A contrappunto, ecco le lacrime pubbliche di Starbuck, che vorrebbe impedire al comandante Achab di sfidare Moby Dick: «Le loro mani si incontrarono; gli occhi si unirono; le lacrime di Starbuck facendo da colla» […] Oh Capitano… Capitano! Cuore nobile, non andare… non andare! Guarda, è un uomo di coraggio che piange e atroce è la sofferenza nel dirti questo!». Starbuck compiange il capitano perché in cuor suo sa che presto lo dovrà rimpiangere. È un pianto di compassione per il dolore altrui, come «Il pianto sentito piangere | nella camera contigua | di notte | nello strampalato albergo» evocato da Mario Luzi (Per il battesimo dei nostri ricordi). […] Continua


Breve storia delle lacrime, la prima puntata.

Aggiungi Commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *