Me le ricordo eccome le pulizie di Pasqua, è un privilegio dell’età. In quei giorni si dava l’addio all’inverno e si assaporavano nuova luce e vita, tutt’uno con la festa religiosa. Le stanze venivano svuotate d’ogni arredo, i materassi portati fuori e battuti come si conviene, la pulizia era di fino, con più e più passate di acqua bollente e ammoniaca per i pavimenti, il rame veniva strofinato per bene e, ammesso di averne, anche l’argento. Come molti sapranno l’origine di questa usanza viene dal mondo ebraico.
La festa di Pesach commemora la ritrovata libertà del popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto. Siccome è vietato anche solo possedere prodotti lievitati, il controllo deve essere scrupolosissimo e la casa purificata fino all’ultima briciola di pane. Se nel mondo ebraico questa pulizia può durare giorni, dalle nostre parti tutto si esauriva in un giorno solo, iniziato all’alba certo. Noi bambini talvolta si veniva coinvolti in forma di gioco, era un rito collettivo e solidale, spesso con l’arrivo di persone mai viste prima, a dare una mano. Al termine, tutto intorno il profumo di pulito rassicurava come una carezza, e una sontuosa merenda metteva fine alla fatica. Il prete passava nelle case, timorate e nette, a benedire, e dal pulpito associava la pulizia della casa con quella dell’anima, spronando alla confessione.
Nel ’700 era in vigore l’espressione «pulizia dei costumi» intesa come buona educazione, finezza di tratto e di modi. Scriveva Goldoni: «Le donne si trattano con pulizia, con civiltà e con rispetto». Ogni cosa si teneva all’altra, il corpo richiamava lo spirito e la casa era lo specchio della vita sociale. Così accade nel rapporto tra i due innamorati narrato nel romanzo più famoso di Cassola: «Mara era stata abituata dalla madre alla pulizia e alla precisione, e perciò aveva notato subito lo sporco e il disordine che c’erano in casa di Bube». Un disordine fisico che presto si sarebbe trasformato in disordine morale.
Oggi nelle case le pulizie di fino si fanno quando non se ne può più fare a meno, si è persa la dimensione del rito, sono persino venute meno le parole per dirlo. Nelle Cosmicomiche Italo Calvino fotografa con chirurgica precisione il momento di passaggio tra il mondo di prima e quello di poi: «Certo, volendo, uno può anche mettersi in testa di trovare un ordine nelle stelle, nelle galassie, un ordine nelle finestre illuminate dei grattacieli vuoti dove il personale della pulizia tra le nove e la mezzanotte dà la cera agli uffici».
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5 Commenti
Faccio presente a tutti che oggi sto facendo le pulizie di fino. Diciamo di Pasqua, così mi do un tono. Meglio olio di gomito come si diceva in casa mia
Temo che oggi le feste comandate servano solo come pretesto per vendere qualcosa. Il significato profondo è andato a farsi benedire (appunto…)
Proprio per questo, forse, ha senso ricordare, gentile Maurizio
Di pulizie di Pasqua parlava la mia nonna, noi niente, sarà che siamo cittadini. Affascinante, però
Anch’io sono cittadino, Massimo, eppure da me le pulizie di Pasqua erano irrinunciabili. Certo, a casa di mia nonna avevano un che di solenne in più, si sentiva il profumo della tradizione contadina.
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