Ancora un bello spunto dal recente inserto domenicale del Sole 24ore. L’articolo di Francesco Cataluccio (“All’e-book chiederemo qualità”) ci racconta di come alla Biblioteca del Dipartimento di Fisica della Stanford i libri veri – quelli che sfogli, quelli che pesano – stanno per essere trasferiti a 38 miglia di distanza, per mere ragioni di spazio. Pochi volumi resteranno in sede, i vecchi tomi saranno sostituiti da computer e Kindle2 che daranno accesso a 28 database online e a oltre 12mila riviste di settore. Se tutte le biblioteche faranno lo stesso, argomenta Cataluccio, nel giro di qualche anno i libri “fisici” si ridurranno di molto, costando sempre di più. E il mercato si adegua, ovviamente: nelle librerie americane il libro elettronico si attesta tra il 3 e il 5% del mercato, ma l’anno prossimo supererà il 20%; dato che va sommato con il 25% del mercato online. Di questo passo, a breve il mercato sarà prevalentemente orientato al libro elettronico, con buona pace del vecchio, caro libro. Ponendo come minimo un paio di problemi: che ne sarà degli editori? Come si potranno/dovranno adeguare i librai? Entrambi avranno un ruolo, ma dovranno profondamente mutare la propria identità e le stesse regole dei gioco. E non dimentichiamo gli autori, che saranno costretti a districarsi con questioni legali del tutto inedite e, nello stesso tempo, a reinventare la propria professione e probabilmente anche il rapporto con il pubblico dei lettori. In tutti questi casi, saranno remunerabili il tempo e la qualità che ciascun attore della filiera metterà in campo: l’editore in vista della selezione dei titoli; il libraio per i consigli di lettura e per lo spazio accogliente che metterà a disposizione dei clienti (senza dimenticare i servizi, of course); l’autore la disponibilità nei confronti dei lettori, sia in libreria, sia in forme diverse e nuove, quali blog e altri scenari magari ancora da inventare, ma probabilmente nel segno di un rapporto diretto, personale, accurato. Si accettano commenti, anche preoccupati.
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