[13] Fin dai primi giorni uno dei miei impegni era quello di “andare a macerie”, come si usava dire tra noi volontari. Erano gli stessi abitanti che chiedevano aiuto per rintracciare qualche ricordo tra i resti delle proprie case. Andava così: provvisti di guanti e stivali, si saliva in bilico su un qualche cumulo di detriti, senza troppo badare ai muri ancora in piedi, che minacciosamente ti stavano intorno, pronti a franarti addosso alla prima scossa severa. Sotto le scarpe ricordo il lamento delle pietre minute, il rantolo cupo di quelle maggiori; ricordo l’equilibrio precario, come per mare quando l’onda si leva…
L’intero mio memoriale si trova ora raccolto nel volume Ritorno in Irpinia.
1 Commento
Che giorni quelli evocati dallo scritto! Al dolore fa da contrappuntò la solidarietà, che non ha mai paura di rischiare.
Aggiungi Commento