Alfredo Panzini, il padrone sono me

Finisce una guerra – e che guerra – e di lì a poco comincia una dittatura: prova te a viverci in mezzo! Roba da non capirci più niente. A meno di non essere Alfredo Panzini, grandissimo scrittore e saggista nato a Senigallia nel 1863 ma vissuto perlopiù a Roma, dove insegnava al Mamiani. Ebbene, nel libro Il padrone sono me ci trovate tutto, ma proprio tutto, per capire quegli anni lì: romanzo di formazione, narrato in prima persona dal giovane Zvanì, figlio di bracciante locale, è un racconto di convivenza antica e sghemba tra classi sociali diverse, con lembi di guerra che lasciano il segno, rimescolamenti del Biennio Rosso, con il fascismo lì evidente dietro l’angolo; figure femminili da incorniciare, con particolare menzione per miss Dolly, che tutto scatena e muove, ma vogliamo mettere le madri? E poi il mare che comunque vigila e presiede l’agil opra de l’uom che pratica la terra, senza dimenticare espressioni come faldata, innacquarito, balusca, falasco (siccome son buonino ve li decifro alla fine). E certo spiritazzo romagnolo che esemplifico alla svelta: «Ma voi vi pensate proprio (il Signore vi dia bene, mamma!) che ci sia l’inferno il purgatorio e il paradiso come nelle ferrovie c’è la prima, la seconda e la terza classe? L’è la grande ignorantezza che avete, ché non siete andata nemmeno alle scuole». Direte voi; dopo tutto questo bell’elogio, ma dove lo pesco un siffatto capolavoro: io per conto mio l’ho trovato su bancarella a € 2: prima edizione, finita di stampare per i tipi di Mondadori il 1° marzo del 1922. A voi toccherà scartabellare in rete, oppure fidarvi delle mie parole. E già che ci siamo: in quegli anni lì, fine Otto inizio Novecento intendo, di autori e libri spettacolari in Italia ne sono stati pubblicati a palate. A mio parere il 90 per cento di quel che vien pubblicato oggi in italia non vale uno di questi libri preso a caso. Garantito.

Faldata: dicesi di roccia, ma anche vestito, che si presenta a falde. Sancisce la Crusca (1729-38) da par suo: «Si dice di Materia distesa, che agevolmente ad altra si soprappone». S’usa anche l’espressione faldate di fuoco, che ben rende l’aggressione.

Innacquarito sta per annacquato. Dicesi di cervello o pietanza, col medesimo intento a denigrare.

Balusca: strabica, guercia. Voce del dialetto romagnolo e del centro Italia.

Falasco: erba palustre che serve per far cavi, lavori d’impaglio o letto al bestiame.


Qui altri ritratti di g.a.d.d.a. (grandi autori dimenticati da anni)

2 Commenti

  • Giovanna Posted 9 Gennaio 2017 09:50

    ..certe “chicche” andrebbero ristampate!

    • claudio calzana Posted 9 Gennaio 2017 14:51

      Hai ragione da vendere, cara Giovanna: libri così non meritano l’oblio. In verità ho visto che ne esiste un’edizione del 2000, magari è ancora disponibile. Quel che manca è un’attenzione più completa e costante su un periodo della nostra produzione letteraria che va oltre i giganti, intendo Pirandello, D’annunzio, Pascoli, Svevo e soci. C’è tutto un mondo pressoché sconosciuto affascinante, non mi metto a far nomi sennò la finiamo domattina….

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