Che si regala a un presidente?

Gianfranco Ferroni (1927-2001), Oggetti su tavolino e drappo.

Era il 6 maggio del 2003 quando il presidente Carlo Azeglio Ciampi venne a Bergamo. Ma la visita era cominciata molto prima, con una valanga di preparativi e questioni di sicurezza che vi risparmio. Potete immaginarlo, non è che un presidente della Repubblica esce di casa e se ne va a fare un giretto dove gli ghiribizza sul momento.
Ebbene, il mio ricordo di quel giorno è legato al regalo che L’Eco di Bergamo fece al presidente. Le regole dettate dai prefetti del Quirinale erano e probabilmente ancora sono ferree: niente regali ad personam, si omaggia l’istituzione, non l’uomo; guai a esagerare col valore, si creerebbe imbarazzo; bene il simbolico, ma mi raccomando niente di colorito o eccessivo. Insomma, che fare?

Ci pensavo e ripensavo, e non mi veniva in mente niente di risolutivo. Un giorno, qualche settimana prima della fatidica data, ero in coda in autostrada sotto una pioggia scrosciante, di quelle che il tergi fa fatica a scansare. E proprio lì, chissà perché, l’illuminazione: «Ferroni!», grido come se ci fosse in banda qualcuno disposto ad ascoltare. Sì, Gianfranco Ferroni, il grande pittore nato a Livorno, proprio come Ciampi, e vissuto a Bergamo per parecchio tempo, fino al 2001, anno della sua scomparsa. Preso da onesto furore, il giorno appresso mi fiondo dall’Arialdo Ceribelli, il gallerista, che di Ferroni era amico e ancor oggi è collezionista e custode. Scelgo due opere meravigliose, ritoccate a mano dall’artista.

L’idea piace, il prefetto romano nicchia, sostenendo che insomma il fatto che l’artista fosse di Livorno potrebbe significare che forse l’omaggio va più all’uomo che al presidente… Ma ci manca anche che lo sto a sentire: si va avanti, tutto è deciso. Quel 6 maggio in redazione il presidente riceve in dono una tela di Ferroni. Ciampi conosceva l’artista, ma non sapeva che fosse vissuto a Bergamo. Era il giusto legame, l’artistico ponte tra le due città e storie di vita. Ciampi mi è parso felicemente sorpreso, particolarmente colpito dalla tenace e insieme delicatissima poetica del suo conterraneo. Io me ne stavo tre passi indietro, mi capita sempre così quando succede qualcosa di speciale: meglio gustarsi la scena alla giusta distanza, così raccogli la visuale intera. Ricordo che in quel mentre decisi di acquistare l’altro quadro, il gemello, non potevo certo riportarlo all’Arialdo, troppo bello. 

1 Commento

  • Ettore Posted 22 Settembre 2016 13:24

    Bella storia…..

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