Oggi L’Eco di Bergamo pubblica un mio pezzo dedicato al guasto che ha privato dell’acqua tanti bergamaschi, mia famiglia inclusa. Ve lo allego a seguire. Buon divertimento. [ccalz]
La prova generale l’avevamo fatta qualche giorno prima, domenica 12: senz’acqua fin verso le 3 del pomeriggio per un guasto all’impianto elettrico, come ci hanno spiegato al numero verde di Uniacque. Stavolta il guasto è stato assai più grave, e le conseguenze pure. Premessa, abito a Cenate Sotto, forse il paese più colpito dalla secca: l’acqua è scomparsa l’altro ieri di prima mattina, può essere che io sia stato tra gli ultimi fortunati a fare la doccia. Poco dopo, ecco il classico filo d’acqua, poi l’inesorabile silenzio delle tubature: secco totale. A quel punto, in assenza di un’informazione che è una, scattano i primi comportamenti istintivi: in Giappone avremmo assistito a file ordinate con il sidello per mano in direzione dei punti di raccolta; qui da noi, invece, parecchi hanno preso d’assalto i centri commerciali per far incetta di bottiglie e damigiane. Segnalate resse, persino risse. Poi, per fortuna, ecco comparire i pompieri nelle piazze, sacchetti di acqua potabile fino a esaurimento scorte e litri dagli idranti nei secchi. Ma non mancano alcuni mariti che si ingegnano: nel mio piccolo, l’altra sera sono uscito dall’ufficio per cercare una tanica, altro prodotto repentinamente scomparso dalla val Cavallina, anzi ormai estinto. Bene, dopo tre ferramenta chiuse per ferie, finalmente trovo il mio 20 litri e torno in ufficio, ma provate voi a riempire una tanica dal lavandino: morale, mezz’ora di traffici e abluzioni, per poi raggiungere casa con il mio bidoncino, felice come un boy-scout. Mi dispongo alla meritata doccia, che così si compie: con i piedi in un mastello – a sua volta posizionato dentro la vasca -, mi bagno usando il dosatore, quello che si usa in cucina per sapere quanto latte va nel purè. Secondo i dettami dell’ecologia più spinta, l’acqua impiegata tra sciacquo e frizione finisce nel mastello e da lì nel water. Per una “doccia” ho utilizzato circa 800 cc d’acqua in luogo dei consueti 100 litri: una prestazione da applausi! A cena, però, ecco la sorpresa, la beffa, il misfatto vero dell’intera giornata: mia moglie mi sventola sotto il naso una bolletta arrivata quella stessa mattina. È di Uniacque, ovviamente, si tratta di un gentilissimo acconto sui consumi di € 214,26: la classica goccia che fa traboccare il vaso. A fatica tengo a bada il nervoso che mi sale a fiotti; ma è proprio in quel momento critico che mi sgorga un pensiero facile, magari peregrino: e se ogni tanto, senza guasti s’intende, ma così, quasi per sfida, se ogni tanto provassimo a fare a meno di questo o quello? Si può stare per qualche ora senz’acqua o luce, magari persino senza cellulare? Forse sì, ovvero perché no? Ieri mattina, quando l’acqua è tornata, mio figlio ha documentato l’evento con un video prontamente inviato al sito dell’Eco. Sta’ a vedere che questo guasto ha avuto il suo piccolo risvolto educativo. Ma, per favore, non ditelo a quelli di Uniacque: capace che ribattezzano le interruzioni del servizio “Inviti al consumo consapevole”. Mi raccomando, acqua in bocca…
3 Commenti
Grande Claudio… resoconto davvero divertente… con picco di (mio) gradimento alla “scena della bolletta”.
Bellissima…
Concordo Bepp. Il Maestro CCalz è brillante come sempre e leggerlo è come tracannare un bel bicchier d’acqua gelata intanto che Lucifero impazza. Però preciso: l’acqua non si “spreca”. Torna sempre alla terra. Semmai siamo noi che non le diamo il tempo di rigenerarsi e per questo ci lasciamo infinocchiare con la tiritera della sua scarsità. Pensa… solo il 5-6% dell’acqua potabile che entra nelle nostre case è usata per il fine che le è proprio.
Ma se po continua’ così…?
e finalmente piove, era ora, dai…
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