Ho preferito attendere qualche giorno prima di commentare il Nobel al poeta svedese Tomas Tranströmer. In primo luogo perché ignoravo la sua esistenza fino al giorno del Nobel, figuraccia totale, magari condivisa. Ma adesso è giunto il momento di metterci una pezza: non voglio parlare della sua opera, certo, e nemmeno del fatto che da anni il poeta è muto per via di un ictus. No, vi voglio parlare del fatto che questo signore di 80 anni è un grande pianista, e dopo l’ictus ha caparbiamente continuato a suonare pur se privo dell’uso di una mano. Si è rivolto ad esempio al concerto che a suo tempo Ravel compose per il fratello di Wittgenstein, che in guerra perse per l’appunto un braccio. Altra cosa: la moglie traduce e trascrive su carta quei segni che il poeta le indirizza, e che solo lei capisce. Mistero dell’uomo e dell’umano, mai che stia in un recnito senza osare l’oltre e l’altrove. Sentite questi versi: «”Non vergognarti di essere uomo, sii fiero! / Dentro di te si aprono volte su volte all’infinito / Tu non sarai mai finito e tutto è come deve essere”». Li cita Fulvio Panzeri in un bell’articolo sul poeta, lo trovate qui.
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