Ieri il post dedicato alle parole altrimenti smarrite, a partire dall’articolo pubblicato da “La Provincia”. Neanche a farlo apposta, sempre ieri “L’Eco di Bergamo” parla di un libro analogo, di Raffaella De Santis: Le parole disabitate – Il Novecento, edito da Aragno. Per certi versi, questo libro è il contraltare di quello di ieri: seleziona e propone parole a suo tempo in auge, nel Novecento appunto, e che per mille ragioni sono sparite, o quanto meno hanno perso la valenza originaria. Colpa dell’uso e del disuso, dei nuovi linguaggi giovanili, dei nuovi media. Fatto sta che insieme a certe espressioni si perde per strada un intero mondo: si usa ancora “fidanzato/a”? E “signorina”? E “rivoluzione” in che modo e senso la si intende? Nessuna di queste parole è perduta per sempre, afferma l’autrice nell’intervista, certo è che il cambiamento è in atto. La parola “impiegato”, per esempio, la si usa ancora, ma è completamente diverso il significato, ovvero l’universo di riferimento. Mi e vi domando che ne è del termine professore: è una questione di intonazione, una volta “Professore” veniva pronunciato maiiuscolo, con enfasi e rispetto. Oggi, prevale una certa rassegnazione, anche da parte dei rappresentanti della bistrattata categoria.
2 Commenti
Grazie dei complimenti Mariangela, li giro al direttore. In effetti l'ultima revisione grafica con cambio di formato è stata particolarmente apprezzata dai lettori.
…l'eco di Bergamo è una meraviglia, mi pare!
(mariangela)
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