Un ex alunno a me molto caro, Massimo Pedrini, mi ha spedito un suo volume di poesie. Titolo, molto bello, “Io sono la mia rivoluzione”. In fondo al volume, altro regalo, uno scritto di un altro ex alunno, Diego Pagnoncelli.
Quella di Massimo è un’edizione privata, che testimonia però una lunga dedizione al genere poetico. Pensate, si occupa di progetti multimediali, di nuove tecnologie, roba che a regola non c’entra un fico con i versi e l’introspezione. A suo tempo è a lui che ho lasciato la mia azienda, la Twain Comunicazioni. Ritrovarmelo poeta mi ha aperto un nuovo orizzonte, ben so quanti interessi coltiva, per non dire che da poco è diventato padre, e questo di certo significa molto. Venendo alle sue poesie, molto mature, Massimo è ben consapevole che la vita è frammento, parte, incompiuto. Ma proprio per questo vuole andare in traccia dell’intero, e propone una raccolta a piene mani e polmoni, un lucido viaggio attorno a se stessi, ricco di inquietudine magari, comunque il necessario periplo che un figlio impone.
“Da quel che leggo del tuo libro – così gli ho scritto – scopro un’antica fedeltà, una dedizione necessaria in cerca di parole, e fede. Una forza intima pervade il verso, lo attira, lo cerca e lo pronuncia per capire se di quella vita è l’espressione esatta, ovvero cifra”.
A Massimo piacciono “le piccole sfide”, la possibilità di sbagliare, pur nel tragitto che gli è caro. Gli piace e molto quell’operosa meraviglia che sotto sotto lo anima da sempre. Quelle piccole cose che non sono mai tali se le riguardi con la giusta passione. Ora lo riscopro ancora ragazzo, e poi uomo, e padre. Non mi meraviglia, ma certo mi commuove, quella stanchezza che in un suo verso benedice a sera. Questa, probabilmente, è la sua dolce, intima, matura rivoluzione.
A seguire c’è lo scritto di Diego. Non un commento, non una chiosa, semmai una variazione, nel senso più musicale del termine. Un uomo sulla panchina di una stazione scrive a una donna, lontana. Ogni giorno una nuova stazione, ogni giorno una prosa sincopata che che si coagula nel frammento e nell’attesa. Infine quell’uomo si alza e scompare, lasciando giusto traccia del suo dire. Magari ci prova a cambiare le carte, magari semplicemente domani sarà altrove. Eppure ha detto, eppure dice.
A Massimo e Diego dedico Abstraction Blue, di Georgia O’Keeffe, pittrice americana (1887-1986).
Undici anni dopo il libro si tinge di mistero……
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