Molto ma molto tempo fa la scuola iniziava il primo ottobre, altro che settembre. L’estate durava infinita, ricca di giochi e di premurosa noia, quella che alla fin fine ti fa scoprire di che pasta sei fatto, cosa ti piace davvero, ciò per cui vale la pena rischiare. Il primo ottobre, dicevamo, e i ragazzi, soprattutto i bimbi della prima elementare, eran detti Remigini. Non è un arcano maggiore, il motivo è presto detto: il Santo del giorno è Remigio. Oddio, a ben vedere oggi si festeggiano anche i Santi Bavone, Nicezio, Basvulfo e una caterva d’altri pretendenti, senza scordare Santa Teresa di Lisieux, ma l’incombenza chissà come è toccata a Remigio. D’altronde, pensandoci bene, un conto è Remigini, che suona una delizia, altro Bavonini, Nicezietti, Basvulfini, Teresotti e via vezzeggiando.
A proposito di Santi, vi siete mai chiesti chi sia il Santo patrono dei professori? Sorpresa: la categoria di Santi ne ha ben tre. Il sospetto che uno non bastasse vi sarà pur venuto, la scuola è al contempo un luogo affascinante e dannatamente complicato. Vuoi perché dentro ci crescono i ragazzi, ovvero materia incandescente per definizione, vuoi per gli insegnanti, talvolta santi (appunto), talaltra ignavi; per tacer dei non docenti, categoria che per via di quel “non” davanti non è chiaro cosa stanno lì a fare. Insomma, l’unico che avrebbe potuto reggere la parte da solo è San Francesco, che però quale patrono d’Italia di grane ne ha più che a sufficienza. E quindi a chi è toccata l’incombenza plenaria? State a sentire.
I maestri elementari celebrano Cassiano (13 agosto), che nel terzo secolo insegnava a leggere e scrivere, grammatica e sintassi. A crudele contrappasso, gli aguzzini obbligarono i suoi scolari a incidere con lo stilo la pelle del maestro fino a provocarne la morte. Gli insegnanti di medie e superiori, facile anche quelli universitari, per le loro pene invocano Giovanni Battista de La Salle (7 aprile), nato a metà ’600 da famiglia agiata. Decide di fare il prete, e va bene, ma chi glielo fa fare di donare tutto ai poveri e di dedicarsi agli orfani? È considerato il fondatore delle scuole elementari e professionali, dove prescrive l’insegnamento in lingua volgare. E gli educatori, cioè quegli insegnanti che hanno a cuore la piena formazione dei ragazzi? Pregano don Giovanni Bosco (31 gennaio) – detto il «prete pazzo» per le innumerevoli attività sociali – che a soli cinque anni sognò di trasformare le piccole «belve» in figli di Dio.
Pensateci: la lettura figurata del martirio di Cassiano più di qualche spunto lo regala su quel che la scuola può comminare; la scelta di Giovanni Battista de La Salle a favore del volgare spira buon senso a profusione; quanto a don Bosco, il suggerimento che gli fece Cottolengo di procurarsi una veste di stoffa più resistente, «perché molti ragazzi si appenderanno a questo abito» a qualche insegnante può suonare parecchio familiare. Sì, decisamente servono tre Santi all’onesto professore, che deve farsi uno e trino: maestro, insegnante, educatore.
Il ricordo del mio primissimo giorno di scuola.
2 Commenti
Non so se a questa scuola bastino dei Santi, sia pur agguerriti e pronti al martirio. Il male che affligge la scuola è il suo stesso perimetro burocratico, la sua cornice. Il tempo dei docenti è ormai prevalentemente speso in carte e ceralacche, il discente resta sempre in fondo alla lista degli impegni. Così non si può andare avanti, ormai a scuola siamo ben oltre il tempo pieno e intorno ci sono ancora persone convinte che ia un lavoro part time. No, non è così, fatevene una ragione.
Insegno da quasi trent’anni e questa proprio non la sapevo, ma pensa te
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