Auguri, Giuni

Giuni Russo (1951-2004)

Due lavatrici stese, basta indugi: mi tocca stirare. D’altronde, mica sempre comanda l’intelletto, finalmente è di turno la vita, e per fortuna. Di solito assecondo la corvée con buona musica; stirare non è un diletto, diciamolo chiaro, in certi momenti vorrei aver davanti i teorici del “basta stendere bene” e dirgliene quattro. Sto ascoltando Giuni Russo, che pochi giorni fa ha – non avrebbe – compiuto 70 anni. Le melodie si succedono casualiter, cosicché brani scanzonati come Alghero o Limonata Cha Cha Cha, per tacer di Un’estate al mare, s’alternano a Lettera al governatore della Libia o La sua figura, lirica che un’intera vita ricongiunge e chiosa. Certo, per colpa di Giuni la mano accidenti non è che assecondi il panno come si deve, la sua voce ditirambica ora s’arrampica dove nessuno osa, oppure sprofonda e t’abbrevia il battito. Strade parallele, insieme a Franco Battiato, vive di un dialetto dolce e pensoso, scirocco che scioglie i pensieri, il tormento della calura, una sorgente sazia i sentimenti, mi piace stare sola… Capisco una parola su tre, e intanto la camicia non ne vuol sapere di perdere le pieghe, si fa beffe del ferro, scirocco mio meccanico e privato. Per non darla vinta al tessuto, pura materia ostile, il pensiero vaga senza briglie, trascinato dalla voce barocca di Giuni.

Selon moi nell’agone politico il Barocco segue l’Illuminismo, non il contrario. È il Barocco sterile di chi rimane abbarbicato al cadreghino dopo aver preso l’avvento con parate di sapore illuminista. Lo schema è idcirca il seguente: le cose così non vanno, serve dar retta alla luce della ragione per dettare una bella svolta, così da apparecchiarci il futuro come si conviene; a vessilli riposti, eccoti avanzare il Barocco che tutto conserva e nulla muta, con l’apparato e sfarzo del caso, nelle disparate varianti di minuetto, paso doble e can can. La spallata illuminista in genere dura un amen, mentre il secondo movimento – che in estetica invero precede – s’eterna nello stile, simula il decoro e dissimula il vero. Ma il Barocco è altra cosa da questa pantomima, e accoglie persino il suo contrario, proprio come accade all’immensa luce di Sicilia, che secondo Brancati ha un suo cuore di tenebra invisibile ai più. Questo Barocco, come scrive Argan, è capace di eseguire tutto quel che s’immagina: è il mondo delle possibilità, che sta a ciascuno cogliere e diffondere per bene.

Ed ecco il nocciolo: al tempo nostro, il Barocco non propone alternative tra le quali osare la scelta più giusta e migliore, ma solo varianti effimere di un solo e unico fato, quello delle magnifiche sorti e progressive. Al contrario, la voce di Giuni è figlia di un Barocco prezioso di sfumature e variazioni, di fragranze e di riti, erede di una civiltà antica, e magari ulteriore, per nulla vincolata alla presente stagione, e al suon di lei. A questo Barocco magico e sontuoso ripenso mentre stiro, e sulla scia di Torquato Accetto mi faccio persuaso che in certi momenti potrei pure contentarmi di una dissimulazione onesta, leggete il suo libro così ci capiamo. Ora risuona Abbronzate dai miraggi, il testo narra di una certa supplente di Pantelleria: «Speriamo che ricominci presto la scuola, speriamo che ci insegnino ad arrossire», canta Giuni. Torna fuori la mia vita tra i banchi: chissà se son riuscito a insegnare i sentimenti.


Chi lo sa, arrivati fin qui magari vi interessa questo viaggio sul cocuzzolo della montagna.

1 Commento

  • Sonia Atzeri Posted 22 Settembre 2021 22:56

    Il suo articolo ha saputo rendere incredibilmente che cosa è stata Giuni, proprio perché va oltre la musica, proprio come l’artista ha saputo fare. Non so se sia Barocco o chissà cosa, so che è meraviglia, è gioia, è pace

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