Di pota in pòta

rocher-auguri-made-in-bergamopota-le-dor-col-duomo_679086f8-c440-11e6-8869-c42e7135d974_998_397_big_story_detail A dare il via è stato Italo, inteso come treno: una bella campagna di promozione con tanto di pota. A ruota, è il caso di dirlo, è la volta di Ferrero, che condisce il suo Rocher con l’espressione più in voga in terra bergamasca. Senonché nel farci gli auguri, i subalpini – ma anche gli italici se è solo per quello – si dimenticano per strada un accento, grave tra l’altro. Sì perché il nostro pòta si scrive così, non come da manifesto qui allegato. E’ un errore veniale, certo, mica staremo qui a remenarla per così poco, però non è che i Roscero Ferrè possono venire a casa nostra e far finta che parlano la nostra lingua. Avete presente Gargamella? Quando entrava nel loro villaggio, i puffi lo riconoscevano non perché fosse evidentemente diverso da loro, no: lo riconoscevano perché non sapeva puffare, cioè usare la loro lingua. Insomma, ‘sti qui dei cioccolatini, ma anche quelli di Italo, pòta, a puffare non sono mica buoni. Puffate, gente, puffate…
 

1 Commento

  • claudio calzana Posted 19 Dicembre 2016 17:17

    Gentile Simone, fin lì non mi volevo spingere per carità di patria e spirito natalizio. Ma è indubbio e acclarato che pòta sta per “le parti vergognose delle femmine”, come scriveva un insigne studioso locale in vena di perifrasi.

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