Beppe Pezzoni, sed intelligere magari

10BG05F30_2671619F1_8659_20120809193039_HE10_20120810-kDh-U43070754902366UvC-1224x916@Corriere-Web-Bergamo-593x443 Ci ho messo due giorni buoni a metter mano alla tastiera. Sì, la vicenda del Beppe Pezzoni mi ha rimuginato dentro, e ancora non sono certo se riesco a dipanare. Comincio dai fatti, poi provo a svolgere a dovere: Giuseppe Pezzoni, per tutti e universalmente Beppe, e sempre per tutti professore, preside dei Salesiani, sindaco, presidente e quant’altre cariche volete aggiungere, il Beppe dicevo viene pescato sprovvisto di laurea, peraltro a suo tempo da lui stesso certificata. E giù una caterva di ma come?, le bocche spalancate, gli sguardi maliziosi, la solita litania di intemerate.
Il Beppe l’ho conosciuto per lavoro, e a naso l’ho sentito prima di tutto professore: una cosa del tipo che il resto viene dopo. Come quella volta a Treviglio, lui già sindaco, che mi tira nel suo studio a ragionar di belle lettere, libri e altre meraviglie. E mi dice che, sindaco o non sindaco, l’importante era tenere qualche ora coi ragazzi, che insegnare è il mestiere più bello del mondo. Oppure ai tempi della Mia, la sua idea dei 10 libri a celebrar l’anniversario: era certo che la bella impresa valesse l’azione, con quella ostinata sicumera che i fatti gli avrebbero dato ragione: cosa che in effetti è avvenuta.
Per via di quel suo peccato originale, il Beppe era costretto a vivere sempre un passo avanti, in fuga, sempre oltre a rilanciare: a poker si direbbe buio. Io me lo vedo custodire per anni quella cosa lì, un bolo che magari dei giorni se la tace, ma poi ti risale fino a inquietarti la ragione. E poi magari si allea ad altre piccole nequizie, cosa vuoi, tutti noi nella vita si fa la collezione. Così il grumo aggrega, concresce, rigurgita, persino fiorisce, gemma e figlia. Si fa in te vita e principio di passione. E allora non distingui il possibile dal vero, vivi in un presente magico che tutto assolve e redime. Fin che ce la fai a sopravanzare di un passo la finzione.
Ora ha ammesso il torto: immagino che per lui la cosa più difficile da spogliare sarà l’orgoglio, ma state certi che ha già cominciato a dare; ora dovrà portare di nuovo in giro la sua faccia, che per tempo gli sarà croce; ora dovrà recuperare il passo e il fiato: non più fughe, se mai un passo dopo l’altro, senza eccedere o forzare. Le piccole cose, magari senza evocar Gozzano. La mamma, che tutto sa comprendere e rasciuga. Gli amici veri, quelli che son porzione esatta del destino. Gli auguro qualche sguardo inaspettato, quando sei solo te ne accorgi, e speri.
In questa storia io non mi voglio schierare: Beppe, non sono a favore, e nemmeno contro. Mi piace giusto pensare di poterti dare una mano.


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3 Commenti

  • Claudio Calzana Posted 27 Settembre 2015 08:19

    Concordo su quel che scrive, Marino, tranne sul tema del candore. So bene che Pezzoni merita il Cocito dantesco per aver tradito la fiducia di molti, ma nel mio testo ho preferito guardare all'uomo e a quel che vive ora. Cioè, me lo sono immaginato, visto che la mia ê una conoscenza di tipo lavorativo. Ecco, ho cercato di andar oltre la legge e l'inevitabile condanna, ho voluto badare a quello che in questa storia ritengo l'essenziale: ovvero quel che si muove dentro un uomo tormentato da anni. Ecco, son convinto che scrivere significhi scalpellare il senso levando l’ovvio e già che ci siamo l’inevitabile. Ccalz

  • Anonimo Posted 26 Settembre 2015 13:49

    Bella lettera che lascia comunque intravedere l’ammirazione e la stima.

    • claudio calzana Posted 26 Settembre 2015 20:33

      Sì, gentile Anonimo, è così, e questo non cancella la colpa, sia chiaro, e nemmeno la smorza. Ho provato comunque uno sguardo diverso, in direzione dell’uomo, cercando di far funzionare il cerebro e il cuore. Ccalz

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