«All’orizzonte si prende presto l’abitudine. Per qualcuno si tratta solo di vapore, o di umori sfuggiti da campi lontani. Per dirla senza ritegno: una sorta di traspirazione che non può opporre la minima consistenza. Perciò, non si bada al nastro incerto che taglia in due lo sfondo; ovvero, gli si fa credito di un’occhiata distratta, essendo intanto intenzionati a cose più vicine e concrete. Quella tenue sfumatura, dietro innumeri oggetti scabri e taglienti, ha secato lo spazio e ci ha consegnati al tempo. Ma non è una presenza stabile: potrebbe in via d’ipotesi farsi ingoiare dalla distanza, ci vuol niente. Tanto che l’orizzonte non ha davvero complessione robusta come la linea dei monti, né come questi s’incunea di netto; esso è collegato esilmente con gli occhi di qui: per un batter di ciglia gli accade di venir meno, e disfarsi».
Marco Valerio Borghesi, La questione dell’orizzonte, Bollati Boringhieri
2 Commenti
Non solo che splendida prosa ma anche che profondità di contenuto. Da filosofo, appunto.
Che prosa, accidenti! Un maestro.
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