Marzo

Giovanni Fattori, Libecciata (1880)

Marzo lucendo nell’aria
con vena sottile rinnova
l’esangue terra invernale
e come occhio di bimbo
tutto s’apre a guardare,
e dà i riccioli al vento.
Che val, primavera, con spire
irrequiete turbare
l’inerte mia spoglia?
Fra quattro mura di libri e d’ombre,
sopra pagine ingombre,
l’amabil giovinezza
qui s’infosca e si spezza,
l’amabil giovinezza
che tranne sé
non ha chi non conosca;
che val, primavera, con avida
gioia invitare il mio senso
all’ebbrezza del sole e del vento?
Dall’incessante via
una canzone appassionata esulta,
e un rider sento d’uomini e di donne
che nel lavoro preparan le voglie:
dalle pagine ingombre, ottenebrato
il mio volto s’alza a chiedere
la verità della vita
che l’àttimo contrasta
e il dolor solo accoglie.
Ma il dolore non basta
e l’amore non viene.

Clemente Rebora, da Frammenti lirici (1900-1910)

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