Raffaello, il genio e i suoi maestri

Nel 1483, anno di nascita di Raffaello, Federico da Montefeltro è scomparso da pochi mesi. Il principe umanista, mecenate e condottiero – che aveva sconfitto Bartolomeo Colleoni nel 1467, tenendo Venezia alla larga dai confini – amava intrattenersi con personaggi del calibro del cardinal Bessarione e Luca Pacioli, Piero della Francesca e Leon Battista Alberti. Richiamandosi a quegli antichi fasti, Paolo Volponi ritrae così Urbino, la sua città: «Queste torri alte sulla memoria | nell’ora dolce dei bastioni». Ma se il genio italico si fa strada in tutta Europa, il nostro Paese si regge su una fragile pace tra le Signorie. La discesa dei Francesi nel 1494 scombina gli equilibri: alla raffinata civiltà delle corti fa da mesto contrappunto la disperazione dei contadi. Ambientato pochi anni dopo, Il mestiere delle armi di Olmi narra l’agonia di Giovanni dalle Bande Nere, mentre i suoi soldati – stremati dal freddo e dalla fame – danno fuoco a un crocifisso. E Raffaello? Perde la madre a otto anni, il padre a undici; litiga con la matrigna, a bottega c’è chi non lo sopporta, e per una solida ragione: è talmente bravo da venir nominato «magister illustris» a soli diciassette anni. A domanda specifica, Malamud l’avrebbe definito «the natural», semplicemente il migliore. Secondo Vasari maestro di Raffaello fu il Perugino, anche se studi recenti riabilitano la figura del padre, Giovanni Santi. Certo, la Madonna in trono tra san Giovanni e Agostino del Perugino è ben altra cosa rispetto alla «Madonna col Bambino e due angeli» del Santi. Ma se prestate attenzione alle immagini qui sopra, non vi sfuggirà che la scena imbastita dal Santi è tenera e genuina, ricca di affetti; la Madonna del Perugino, invece, pare che interpreti un ruolo, è figura più da rispettare che da amare. Dal padre, Raffaello ha appreso uno sguardo dolcemente umano sul mondo: i suoi personaggi si definiscono attraverso gesti semplici e quotidiani che ci aprono un varco tra i segreti moti dell’animo e nello stesso tempo profumano di infinito. Ciò emerge in particolare nelle Madonne, in egual misura umili e sublimi. «In Maria il mondo celeste bacia quello terreno» chiosa Massimo Cacciari nel suo Generare Dio. La fanciulla obbedisce all’annuncio dell’Angelo, incarnando quel Figlio e il suo destino.


Il san Sebastiano di Raffaello.

1 Commento

  • mfarina Posted 14 Ottobre 2021 09:41

    Grandissimo Raffaello, sensuale e teneramente religioso insieme

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