Arte e spazzatura

L’opera d’arte “ripulita” a Dortmund

Son passati dieci anni da questo mio articolo, ma per le questioni che pone non mi pare che abbia perso di valore, anzi. A voi l’ardua sentenza (addì, 6 novembre 2021).


Succede l’altro giorno a Dortmund, in Renania. Al locale Museo d’Arte la signora delle pulizie si sbarazza del gesso contenuto in una bacinella, installazione dell’artista Martin Kippenberger. Vuoi lo scrupolo, vuoi perché i tedeschi son fatti così, morale l’opera d’arte è stata privata di una sua componente essenziale. Ora la povera donna rischia una multa faraonica, oltre un milione di dollari. Vorrei provare a difenderla, questa signora, con i pochi strumenti a mia disposizione, le parole intendo. In primo luogo, dal punto di vista meramente concreto, esperienziale diciamo pure, come darle torto? Quell’opera d’arte se ne stava in mezzo alla stanza, messa lì per terra tra le travi. Non intralciava, ma quasi. Poteva sembrava l’avanzo di un cantiere, lascito di qualche operaio distratto: la cultura tedesca certe cose non le sopporta proprio, ci tiene a fare pulizia, a fare ordine.

A me, confesso, è capitato d’inciampare in una scatola di cartone – o così sembrava – abbandonata sul pavimento di una mostra d’arte contemporanea. Di fatto era marmo, perfettamente simile all’originale, tanto che a momenti volo per la sala.  Mio figlio, invece, una volta (avrà avuto 7-8 anni) è salito su uno zerbino: normale, direte voi, solo che lo zerbino in questione rappresentava il Bel Paese ed era opera di Maurizio Cattelan, niente meno. Insomma, l’arte contemporanea gioca in modo tale che l’equivoco è dietro l’angolo.

E poi, perché non pensarla diversamente? Magari in questo caso la signora delle pulizie ha interagito con l’opera d’arte: un po’ come mio figlio, l’ha restituita a quella dimensione d’uso dalla quale l’artista, con fatica, l’aveva sottratta. Ma nel farlo ha compiuto un gesto artistico a sua volta. La propensione umana al costruire è spesso smentita, o completata, da quella a custodire propria dell’artista, il quale «si allontana dall’oggetto d’uso quanto si avvicina all’oggetto naturale», come scrive Dufrenne da qualche parte. Quell’oggetto naturale che l’anonima e sfortunata signora ha ritrovato a sue spese, è proprio il caso di dire.

Concludendo: non è la prima volta che una donna delle pulizie si erge a protagonista in un museo:  nel 1986 un custode, sempre tedesco, aveva levato cinque chili di burro spalmati da Beyus in un angolo del suo studio di Düsseldorf. Facile che in questo caso l’abbia messo in frigo.


Una storia molto simile narrata da Maria Castelli, giornalista del Gazzettino Padano

 

5 Commenti

  • Harvey Posted 8 Gennaio 2012 12:34

    La Germania come discarica è pulitissima….

  • mariangela Posted 6 Novembre 2011 19:38

    Commento OT, ma è pur sempre arte:

    http://www.alivar.com/collections-furniture.aspx?Art=360&T=4

    http://www.domodinamica.com/autum.html

    Belle entrambe, ma è più suggestiva la seconda. Secondo me. Ciao,

    P.S. E di questo/a che ne dici?
    http://www.architonic.com/pmviw/overdose-bulo/1142229

  • mariangela Posted 6 Novembre 2011 19:29

    Mi viene da dire: gli occhi spesso vedono ciò che vogliono vedere, perché così è stato loro insegnato o perché è più comodo che sia così. Non solo alla povera donna delle pulizie capìta, direi. E, a giudicare dall'allestimento, all'artista poteva andare pure peggio, se ancora fosse permesso fumare ovunque. Sai le cicche che avrebbe dovuto raccogliere dal suo gesso d'autore… 🙂

  • Claudio Calzana Posted 6 Novembre 2011 19:01

    Non ne ho proprio idea, caro anonimo. Ma mi sa che su certe faccende la scure cala uguale.

  • Anonymous Posted 6 Novembre 2011 18:59

    Quella del burro mi pare molto più scusabile: hanno perseguitato anche lei?

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