Valeriana, o dello scoiattolo calviniano

La professoressa Valeriana Maspero mi omaggia di una lettura speciale del mio “sorriso del conte”. Le sue sono parole che fanno magari arrossire l’autore, troppi elogi in poche righe. Ma nel contempo queste parole mi restituiscono con gli interessi il tempo speso a limare il testo, a farlo funzionare, a ripassare in bocca e a orecchio le battute. Le lunghe infinite riscritture – minimo una dozzina di volte – trascorse prima della pubblicazione alla ricerca del meglio, in attesa del parere di un lettore a quel tempo soltanto evocato. Ecco, quando il dialogo con i lettori si compie, quella fatica trova finalmente senso, e si rinnova con rinnovato ardore. Grazie, Valeriana. Il san Sebastiano è di Egon Schiele, maestro nel ritrarre una certa qual pagana santità. [ccalz]

Caro dottor Claudio, non sono certo un critico letterario, ma compilando testi scolastici di letteratura ho un po’ imparato e dopo aver letto il suo romanzo “Il sorriso del conte” credo che lei possieda la qualità tipica dell’artista, quella di suscitare emozioni.
Per i pittori un tempo si parlava di mano felice. Secondo me, con quella mano che si ritrova lei può scrivere ciò che vuole. Perché è un dono del cielo. Deve solo lasciarla scrivere. Può stare sicuro che qualsiasi storia voglia raccontare diventa bella, in senso letterario, per quella sua forma elegante di natura, da scoiattolo calviniano, intarsiata di metafore riprese dal linguaggio parlato (irresistibilmente empatiche) che evocano immediata solidarietà con il personaggio e simpatia per il narratore, il quale compare sempre ben piantato sul palco della vicenda superando, era ora, il grigio (nel senso non coloristico ma emotivo) neorealismo novecentesco. E che dire della padronanza con cui la mano tratta il tempo? Quelle scansioni macro e micro che uno non si aspetta. Quelle anticipazioni flash che invece di rovinare la sorpresa solleticano a sapere il come e il perché. Quei salti dentro e fuori dalla grande storia che spiegano i particolari strani delle piccole storie. Per non dire della non chalance con cui la mano sublima e redime ciò che ogni femmina un minimo bacchettona condannerebbe come maschio turpiloquio e invece, fatto con una specie di grazia, si fa amabilmente perdonare. La sua è una scrittura berga-maschia (lo so, lo so, non è una battuta alla sua altezza), una scrittura che si eleva a livello di quelli medio-grandi (stiamo bassi) quando butta là quelle citazioncine letterarie quasi non volesse, pudico a sfoggiare cultura. E le battute di spirito sulle battute di spirito? L’umorismo e l’ironia arrivano fino al sarcasmo pur di non cedere all’accidia della disperazione ed aggrapparsi alla speranza. Quella di san Sebastiano, naturalmente. Perché alla fine si scopre che sono storie edificanti, storie di tenerezza e di valori. Che sentimento. La mano è abile a porgere – come dice il Tasso – aspersi di soavi licor gli orli del vaso, ma è il cuore che comanda. Com’è giusto che sia.
Cordiali saluti,
Valeriana Maspero

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