Paul Oscar Washington Seccomandi, mio ex alunno, ha mantenuto l’impegno: ecco a seguire la sua bella rievocazione di un fatto accaduto nel 1996, quando il giovane “Denzel” venne da me costretto a un’umiliante corvée. Grazie, Paul, del tuo ricordo e del fatto che non ne hai profittato per sparare a zero sul Cerbero che ti ha costretto a tanto, ignorando le tue immense doti d’artista. [ccalz]
Correva l’anno 1996, correva una lezione di filosofia – di quelle lezioni intense, piene, ricche, oserei dire dense – e correvano anche i pensieri miei, studente del primo banco – o per meglio dire studente dell’ultima fila forzatamente riallocato dal loggione alla platea – correvano i pensieri, dicevamo, ma ahimè in direzioni poco parallele alla via Maestra…
Prima lezione di vita: L’IRONIA…, quell’altro tale che smarrisce la diritta via diventa pure sommo ed io, invece, non solo senza Beatrice – che a quei tempi sarebbe stato più che oro – ma perfino condannato alla pubblica gogna.
Ma andiamo con ordine.
Era una mattinata primaverile e quel parlare cadenzato dell’esimio professore era sottofondo musicale perfetto per il mio disegnare e per quella che sarebbe stata, se solo avesse resistito al tempo, una delle opere d’arte più apprezzate dalla critica.
Un banco pulito può essere, infatti, una tela bianca e una matita racchiudere in sé tutta quanta la tavolozza dei colori, questione di immaginazione… e a quel punto è un attimo ritrovarsi pittore per un’ora.
Sì lo ammetto, non sarà stato “la scuola di Atene” del collega Raffaello, ma quel disegno improvvisato aveva comunque una sua dignità artistica guadagnata sul campo da quella mano un po’ sfacciata che lo aveva creato.
“Denzel adesso vai a prendere lo straccio e pulisci il banco!” tuonò il Calzana, frase ripetuta ben due volte perché alla prima non avevo nemmeno sollevato lo sguardo, pensando che quel Denzel fosse un non so chi facente parte della spiegazione di filosofia, uno messo lì tra Ermocrate e Timeo a dialogare…
Certo, la seconda volta, ripensando che Denzel era guarda caso il soprannome che il prof. mi aveva affibbiato e siccome due più due fa quattro (tra l’altro in matematica me la cavavo discretamente)…
Seconda lezione di vita: IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA… il banco si trasformò in un istante da tela a banco degli imputati. E che inizi il processo, breve si intende – che il prof è noto per anticipare sempre i tempi.
Accusa: “Hai imbrattato un bene pubblico e soprattutto come osi non seguire una mia lezione?” (detto con lo sguardo, nemmeno scomodate le parole).
Difesa: “Ma veramente io…”
Sentenza: “Denzel adesso vai a prendere lo straccio e pulisci il banco!” E visto che questa era la terza volta che lo diceva fu da considerarsi sentenza di cassazione.
Certo ci sarebbe stato da discutere sulla legittimità di un processo in cui il magistrato accusatore è anche il giudice che sentenzia; forse un conflitto di interessi ma…
Terza lezione di vita: UBI MAIOR MINOR CESSAT. E poi erano altri tempi.
Mi incamminai a testa bassa fuori dall’aula in direzione armadio del bidello, e con l’occorrente in mano rientrai – un poco più agnello ed un po’ meno leone – pronto a scontare la pena.
Lezione sospesa, tutti in silenzio ed io lì con alcol, straccio e per una volta tanto olio di gomito, a privare l’umanità di cotanta espressione artistica…, una sorta di màndala che dopo il suo completamento viene distrutto, spazzando via la sabbia di cui è composto per ricordare la caducità delle cose.
Il mio ricordo finisce qui… Vi risparmio, perché poco filosofica, la pignoleria del prof – un continuo indicare angoli e zone del banco in cui avrei potuto/dovuto pulire meglio – e il resto dell’ora, una volta ripresa la lezione, fatta dei soliti eventi accademici, tesi antitesi ipotesi chiacchiere sbadigli…
Per anni non ho più pensato a questo episodio, eppure ora, a ben vedere, mi pare quasi che non sia mai stato proprio così lontano dal mio quotidiano.
Non so bene quale sia la morale e nemmeno se una morale poi ci sia o ci debba essere, però un po’ di sugo (come diceva sempre un anonimo) forse sì, magari pure abbastanza da giustificare il mio sforzo di memoria ed il vostro di lettura.
Ultima lezione di vita: PANTA REI, OPPURE NO?
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