… per quanto riguarda il suo libro, sarò sincero… diversi mesi mi separano dalla lettura, credo di essere stato uno dei primi lettori. e quindi non sono in grado di farne un commento puntuale. però ricordo che il libro mi è piaciuto molto, e in particolare ho trovato molto riuscita quella miscela di acqua santa e colonia che si respira e che caratterizza tutto il racconto. a volte, però, se devo essere sincero, ho avuto l’impressione che ci fosse qualche elemento di eccessiva artificiosità. che so, mi vengono in mente alcune scene, come quella della escursione al bordello dopo il funerale. insomma, per tutto il tempo in cui ho letto il libro mi sono chiesto: ma claudio ci è o ci fa?? crede veramente che nei suoi personaggi ci sia in fondo sempre un barlume di umanità, o si tratta solo un artificio letterario per rendere il tutto più fruibile ai lettori e non provocare mai reazioni di rigetto?
il risultato, in ogni caso è più che apprezzabile, anche tenendo conto che è il suo primo romanzo. le sue lezioni di filosofia erano molto più noiose.. quindi le assicuro che continuerò a seguire la sua avventura letteraria…
cordialmente
giovanni
Al termine di una lettera particolarmente bella, Giovanni, mio ex alunno, parla de “Il sorriso del conte”, ponendomi una domanda cruciale, che certo non voglio eludere: si tratta del rapporto con i miei personaggi. La faccio più semplice che posso: da un lato, era ed è per me fondamentale il rapporto con i lettori, nel senso che prima di ogni cosa, di ogni riga, viene la soddisfazione del lettore. Se uno scrive per sé meglio lasciar perdere. Non per niente, prima di pubblicare ho fatto leggere il mio romanzo a molti lettori diversi tra loro, per capirne e carpirne le reazioni. Ripeto: se il lettore non è coinvolto, vuol dire che non c’è storia, non c’è romanzo, quindi meglio risparmiare carta. Ma nello stesso tempo, mi ha guidato la convinzione che in ognuno -personaggio e non solo- c’è un barlume di umanità, e anche più. Qui devo ricordare la lezione che mi ha impartito di don Luigi, proprio lui, il personaggio. C’è il perdono, diceva il sacerdote, che viene dopo il peccato, e c’è la misericordia, che abbraccia l’uomo prima e comunque. Ecco, scrivendo mi sono ispirato a questa lezione, e lo devo a un mio personaggio, un prete, ovvero qualcuno di molto lontano dal mio mondo, dal mio essere, ma che ho sentito davvero vicino a me durante tutta la stesura.
Grazie, Giovanni. A nuove lettere, a nuove prove. [ccalz]
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