Abelardo, Eloisa e il chador

Il tema del velo imposto alle donne è sempre attuale nel mondo islamico, e non solo. Le ultime notizie sono che ci sono sempre più donne che non rifiutano il velo, anzi lo mettono con orgoglio, sostenendo che con il velo la loro scelta di partecipare alle elezioni, di dire come la pensano, di combattere per i diritti civili diventa particolarmente efficace. Senza velo, sostengono, le regole vengono infrante con maggior rumore, ma minore efficacia. Noi proviamo a romper le regole con il velo, ovvero dall’interno di quella cultura che non vuole le donne autonome e vive nella società civile. Non per niente il mondo della moda si è subito messo in moto, proponendo collezioni di veli di alta sartoria, e la nazionale credo iraniana di calcio femminile potrà partecipare ai prossimi mondiali con un velo in velcro realizzato su misura. Il tutto mi ha fatto venire in mente una citazione dalle lettere di Eloisa e Abelardo, un testo meraviglioso che il grande studioso di medioevo Etienne Gilson, sfiorato dal dubbio che fosse un falso, sostenne d’istinto che era troppo bello per essere contraffatto. In breve, per chi non conosce la vicenda: Eloisa, giovanissima allieva di Abelardo, viene da lui messa incinta. I parenti di Eloisa riservarono al grande filosofo una terribile mutilazione, immaginate voi quale, e la ragazza venne spedita in convento. Da lì partirono le summenzionate lettere, in una delle quali Abelardo scrive: «ad imperium nostrum sponte velata». Vado a memoria, il libro chissà in quale scaffale è finito: in ogni caso vi assicuro che si tratta di un testo meraviglioso, espressione di un’inquietudine e insieme di una saldezza morale di una donna certamente straordinaria. «Per nostro comando Eloisa spontaneamente prese il velo«, potremmo tradurre. Ora, la situazione delle donne che mantengono il velo forse non è molto diversa: con il velo e dal velo proclamano la loro verità. Così Abelardo si figura Eloisa, che dal convento racconta di un amore unico e disperato.

2 Commenti

  • mariangela Posted 21 Giugno 2012 09:27

    Negarsi alla vista degli altri, quando non sia imposto, è atto di passiva sottomissione o di orgogliosa negazione di sé agli occhi di sconosciuti che non vogliamo far entrare nella nostra intimità? Me lo chiedo sempre quando incontro una donna velata.

  • Enzo Posted 20 Giugno 2012 18:23

    La storia di Abelardo e Eloisa è stupenda. Non so si tratti dello stesso velo delle donne musulmane. Quest’ultimo non risale al profeta Maometto, ma va usata tolleranza verso questo che, per molte donne islamiche rappresenta un segno di appartenenza.
    Fa impressione vedere giovani ragazze islamiche con tanto di velo che parlano di cose italiane in lingua italiana.
    Altro è il problema del ruolo sociale della donna islamica, come altro è il chador e la sua compatibilità con la legislazione occidentale. Rimane comunque che il monaco non si esaurisce nel suo abito.

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