Blazer 5, sotto il diluvio

[Blazer, 5] Morale torno a Bergamo, in macchina da solo perché il Leo preferisce la moto, oppure chissà dove era sparito, non mi ricordo. E guarda caso quel pomeriggio vien giù il diluvio, e sempre più guarda caso becco una colonna biblica, con il Pandino che sbuffa. Allora, rimuginando le parole del Boggi, le frasi del Leo, le divagazioni del Baroli, proprio lì in coda mi viene in mente tutto, una specie di illuminazione. Prendo una penna e scrivo di  getto quello che poi sarà il retro di copertina del libro, mi pare di averlo sistemato ben poco prima di darlo alle stampe; e sempre lì e sempre di getto mi vien fuori quella figura di imprenditore pentito del circuito moda che poi chiamo Blazer, Sean Blazer. Per poi scoprire che Blazer non è solo il nome di un abito, come avevo pensato in quel frangente, ma vuol dire strillone, uno che grida le notizie al vento. Proprio come quell’imprenditore pentito farlocco a cui stavo dando vita. Una volta a Bergamo cerco il Leo, lo scovo a casa sua, a quel tempo i cellulari non erano poi così diffusi. Gli butto lì prefazione e idea di massima: dobbiamo fare un libriccino da combattimento, una roba veloce e crudele, con capitoli brevi, ma capace di mordere, di far male. Abbiamo titolo e autore: Sean Blazer, Mercanti di moda. E abbiamo l’arma segreta, il genio di quel genio del Leo [segue].

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