I precisi e gli asociali

Ci avrete fatto caso di sicuro: nei musei c’è chi segue il percorso consigliato, munito di cuffie o all’ascolto di una guida; e chi invece vaga per le stanze a modo suo, disegnando traiettorie imprevedibili e asociali. Si tratta di due modi entrambi legittimi, sia chiaro, due tribù ricche peraltro d’infinite sfumature. In primo luogo di fronte a un’opera d’arte veniamo spesso presi da una sorta di timore reverenziale che proprio non aiuta: un capolavoro deve far spalancare gli occhi, non la bocca. «Guardare, guardare, guardare» suggerisce Berenson, uno che se ne intendeva. Quanto alla velocità della visita, provate a immaginare una di quelle strade dove ogni tanto affiora un dosso che invita le auto a rallentare. Evitate le corse, regalatevi tutto il tempo che serve. Anche se forse il vero errore è l’atteggiamento contrario, ovvero riservare a ogni quadro la medesima attenzione: sarebbe come ordinare l’intero menu di un ristorante. State tranquilli, il cuoco non se la prende se fate una scelta, anzi. Potete sempre ritornare. Chi punta all’abbuffata, perde di vista quei dettagli che catturano l’anima e il cuore: il quadro che ci preme maggiormente va osservato con calma e da varie angolazioni, in modo che sveli quel gesto o sfondo o azione che il pittore ha voluto imprimere e fissare. Diceva Forster, lo scrittore di Camera con vista, che «solo quello che vedi con la coda dell’occhio ti tocca nel profondo». Fidatevi, lasciatevi guidare dalla suggestione che questo o quel dettaglio vi ridesta. Perché – come scrive acutamente Alan Bennet per l’appunto a proposito delle visite nei musei – «se il luogo è pubblico, l’esperienza è privata». E aggiunge: «l’esperienza di una persona che si trova di fronte a un quadro non può essere calcolata e rimane un mistero, spesso anche per chi la prova». Un mistero che non va imbrigliato da eccessiva dottrina, ma liberato con coraggio e vissuto con emozione. Soltanto in questo modo l’opera d’arte scocca la freccia che tiene in serbo per ciascuno di noi, freccia che al tempo stesso ci ferisce e sana.


Una mia lettura del san Sebastiano di Raffaello.

1 Commento

  • Rita Maria Posted 8 Marzo 2020 14:56

    Tendenzialmente ai musei io prendo sempre l’audioguida, altrimenti temo di perdermi qualcosa

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