Alberto da Mae Sot

Ci sono posti dimenticati nel mondo, come Mae Sot. Poi si scopre che ci sono persone come Alberto che dedicano tempo e risorse a posti così, a luoghi e genti dimenticate da Dio. In due puntate, oggi e domani, la storia di Mae Sot raccontata daAlberto Mazzocchi, con le iniziative rese possibili dalla fondazione intitolata a suo padre. [ccalz]

Buongiorno a tutti da Mae Sot, 35 gradi con umidità sui 99%. Un puntino sulla mappa della Tailandia. Nord ovest, uno dei pochi valichi ufficiali di frontiera con la Birmania, chiusi in questo periodo per motivi politici. Questa e’ la regione del popolo karen, un etnia di circa 3 milioni di abitanti che occupavano un ampio territorio tra Tailandia, Birmania. Gente pacifica che vive nella foresta tropicale, in capanne di foglie e bambù, ricevendo dalla foresta tutto il necessario per vivere (foto). Gente poverissima che non ha sponsor politici mondiali. La Birmania se ne vuole sbarazzare. I loro terreni oggi servono alle compagnie idroelettriche tailandesi (che produrranno energia per la Tailandia in territorio birmano), alle compagnie estere del petrolio (la Birmania e’ ricca di gas e petrolio) e ai cercatori di materie prime preziose (territorio ricco di gemme e di legni pregiati). Insomma il loro destino si incrocia con un ostacolo allo “sviluppo del progresso”. La Birmania e’ governata da un regime militare con le idee ben chiare:i karen non esistono. L’esercito brucia i loro villaggi, dopo aver preso i ragazzi e gli uomini per eseguire i lavori di fatica, dopo aver violentato le donne (lo stupro resta una terribile arma da guerra) e dopo aver ucciso chi si oppone. I villaggi bruciati scompaiono dalle carte, spesso vengono minati per evitare il ritorno della gente, e il governo può dire all’opinione mondiale che la loro regione e’ disabitata… Ben vengano perciò gli investimenti stranieri a fare quello che vogliono.

I tailandesi usano i profughi karen che fuggono oltre il confine, come operai nelle fabbriche tessili (paga media 2 euro al giorno per lavorare per più di 12 ore in una specie di lager recintato dove il padrone comanda senza limiti. Spesso il padrone non li paga, ma chiama la polizia che li fa arrestare e rispedire in Birmania. I profughi vengono usati anche nelle campagne (i braccianti ricevono, quando li pagano, 1 euro al giorno per lavorare all’alba al tramonto solo nei 6 mesi delle piogge) o nei cantieri edili (paga media 3-4 euro al giorno, ma assenza assoluta di protezioni e quindi mortalità e incidenti altissimi). Però i tailandesi non riconoscono alcun diritto ai karen. Non esiste assistenza sanitaria, né alcun riconoscimento civile. Sono clandestini e basta. Non possono recarsi all’ospedale o in nessun altro ambulatorio. Negli ultimi 30 anni i Tailandesi hanno aperto alcuni “campi profughi”, una realtà che supera ogni immaginazione. Ne ho visitato uno ieri (foto) . 40 000 persone rinchiuse in un ghetto lontano 60 km da ogni centro abitato. I karen non hanno futuro: non possono uscire, non possono lavorare, hanno un assistenza sanitaria basata su volontari di ONG. Qui si aprirebbe un doloroso capitolo sulle famose ONG che chiedono soldi a tutti sfruttando la carità e i sensi di colpa degli occidentali. Senza fare generalizzazioni, nel campo che ho visitato lavora una organizzazione francese. Vogliono solo medici neolaureati (per costano meno) senza alcuna esperienza di malattie tropicali, che restino poco tempo (1-2 anni), ma che si “sentano parte dell’organizzazione” partecipando a tutti i loro meeting e tutte le cene dell’organizzazione e a tutte le foto che servono per ottenere fondi. Nessuno di loro, ovvio, parla karen (una lingua propria) né è interessato a capire di più. Rifiutano la collaborazione di medici stranieri più esperti e più disponibili perché “non si sentono parte dell’organizzazione”.Sapevate che qui c’ e’ la lebbra? Ho conosciuto un ragazzo karen di 30 anni, affetto da lebbra e HIV. L’OMS ha dichiarato che nel 2005 la lebbra era scomparsa dal mondo. Certo perche” i Karen non esistono. E quindi non esiste nemmeno la lebbra dei karen. e chi osa parlarne come il mio amico medico, di cui ometto il nome volutamente, (che cura da anni questi pazienti con un amoreindescrivibile) e’ solo un disfattista. Ma pensate che cosa succederebbe se dicessero che in Tailandia c’e’ la lebbra??? Fuggi fuggi generale…tutti quei bei maschi occidentali che vengono a cercare ragazzine a pochi euro, si guarderebbero bene dal metter piede in Tailandia per il pericolo di contrarre la lebbra e il turismo cadrebbe. Meglio non sapere….A Mae Sot ci sono volontari straordinari come due medici che ho conosciuto, che da 10 anni, lontano dalle ONG (i cui capi vengono qui solo per farsi fotografare) si occupano della salute dei karen ricevendo fondi da parrocchie, privati, amici o conoscenti. Sono medici che fanno davvero illoro mestiere girando nelle campagne. Li ho seguiti mentre vanno da capanna a capanna in motorino su sentieri fangosi. Caldo, insetti, fatica. Niente li ferma. Girano con un interprete, si autofinanziano, cercano contatti con medici locali per bene (qualcuno c’è) negli ospedali locali peri casi peggiori. Dove possono, distribuiscono medicinali per malaria, TBC, lebbra, polmoniti o anche solo vitamine e ferro per i bambini. La mortalità infantile e’ elevatissima (un bimbo su 2 sopravvive), ma, ancora una volta, a chi interessa?Le giornate sono faticosissime. Il caldo, il fango, le distanze…per un europeo abituato alle comodità, come il sottoscritto, c’e’ solo da aspettare la sera per tornare alla guest house e aver un po’ di tregua dal caldo e dalla stanchezza.Ho visitato una scuola qui a Mae Sot (foto 1) gestita da un insegnante karen per i figli dei lavoratori clandestini. Immaginate una decina di capannoni dove maestra ospita circa 200 bambini insegnando a scrivere e leggere e dando un pasto al giorno. Non riceve un soldi dai tailandesi (i karen non esistono) ma solo da sovvenzioni private che arrivano quando arrivano, ovvero a intermittenza. In questi giorni nessuno le ha dato più fondi e ha venduto l’unico “gioiellino” di famiglia, una collanina ereditata dai genitori, per pagare i suoi assistenti. Un’altra scuola gestita da una bravissima maestra, funziona come orfanatrofio raccogliendo bambini e ragazzini che passano il confine in cerca di un futuro, offrendo loro un tetto e un istruzione fino ai 14 anni. In questo caso la direttrice ha ricevuto l’aiuto di una grossa organizzazione canadese che ha provveduto a costruire edifici in muratura per la scuola, il refettorio e le stanze da letto (enormi cameroni senza alcuna separazione). Soddisfatti, i capi dell’organizzazione hanno fatto una bella festa, con tante fotografie di corollario. Peccato che andandosene via si sono dimenticati che per far funzionare l’orfanatrofio servono soldi per la corrente elettrica, per l’acqua, per il cibo. Poca cosa, sicuramente, ma indispensabile per non creare cattedrali nel deserto. Anche in questo caso la direttrice deve elemosinare da fonti meno “prestigiose”, come i due medici di cui sopra, qualche finanziamento per poter mandare avanti al sua iniziativa umanitaria.Come ho scritto a qualcuno di voi, uno dei progetti del 5 X 1000 che avete donato, o che destinerete nei prossimi anni, alla Fondazione Luigi Mazzocchi, sarà inviato a personaggi come questi. Sono gocce nell’oceano, ma ne vale la pena!Un abbraccio a tuttiAlberto
 

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