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Parole d’Autore scelte con cura.   


E resto, vagando nella neve | sperdute le vite | Quello che vale | ciò che riposa | all’estremo cielo uniformato | Si forma in unica linea | dove, nel bianco, sperduta è la nullità del paesaggio | e l’aria annaspa | per ritornare ad essere confine. Fulvio Panzeri, L’occhio della trota

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Il massimo trionfo della scienza sembra consistere nella velocità crescente con cui lo stupido può trasferire la sua stupidità da un luogo all’altro. Nicolas Gómez Dávila, In margine a un testo implicito

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Un tempo si nasceva vivi e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti – alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi. Roberto Bazlen, Note senza testo

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Ripresero poco dopo, in un’altra sala dove, ormai, li avevo di proposito seguiti. Per quella virtù fosforica, cui ho già accennato, della sua pelle, potevo distinguere assai chiaramente tutti i gesti di lei punto e, poi che stavolta si era un poco sciolta, quella voce ricca e vibrata, fremente di tratto in tratto, appariva la voce stessa della provincia cupa e ardente, con le sue passioni invincibili e segrete, coi suoi orgogli, le sue infinite complicazioni, i suoi inceppamenti, le sue difficoltà di espressione, i suoi abbandoni senza speranza, le sue verginità indomabili e gelose, fatte pegno di superiore dignità, la forza selvaggia delle sue convenzioni, che tutto brucia e cui tutto si può sacrificare, coi suoi triti doveri. L’esaltante provincia, dico, dove non esistono soluzioni “pratiche razionali”, e che tengan conto dei diritti dell’uomo o della donna, dove disumanamente e nobilmente si muore per un puntiglio, e ci si può perdere per una parola; dove tutto importa, dove il linguaggio stesso è un’eco di tempi meno volgari. Tommaso Landolfi, Ombre

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Chi può dire dove e quando la macchina dei ricordi inizia il proprio lavoro? In genere si suppone che, al momento della nascita, la nostra memoria sia un foglio bianco; però non è escluso che, invece, ogni nuovo nato porti con sé la stampa di chissà quali soggiorni anteriori, con altre nature e altre luci. Forse queste, agli esordi del suo soggiorno terrestre, interferiscono ancora, simili a una lente aberrante, nelle nuove apparenza e quotidiane offerte alla sua rètina. E allora il suo campo si inonda di forme e colori favolosi, per via via ridursi, impallidendo nel tempo, alla povertà di una sinopia dopo lo strappo dell’affresco. Finché la memoria adulta (comunemente, almeno) provvede a dissipare fino all’ultima ombra di quel primario spettro luminoso. Considerandolo, a distanza, nient’altro che un effetto equivoco, falso e strumentale: il quale forse, con le sue fantasmagorie precarie, voleva consolarci della nascita, così come le visioni leggendarie dell’al di là vorrebbero consolarci della morte. Elsa MoranteAracoeli

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Un’epoca fraintende l’altra: e un’epoca piccola fraintende tutte le altre nel modo meschino che le è proprio. Ludwig Wittgenstein, Pensieri diversi, Adelphi 1980

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Ti dirò il segno del credente:
quando a lui giunge la morte,
sulle sue labbra sboccia un sorriso.
Muhammad Iqbal

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…giacché per grazia del cielo, accade talvolta anche nel male quella cosa troppo frequente nel bene, che i fautori più ardenti divengano un impedimento.
Alessandro Manzoni, I promessi sposi

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In quel medesmo tempo ch’io v’adoro,
la memoria del mie stato infelice
nel pensier mi ritorna, e piange e dice:
ben ama chi ben arde, ov’io dimoro.
Però che scudo fo di tutti loro…
Michelangelo Buonarroti, Rime

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… in questo sta lo scopo della civiltà: di tutto fare un piacere.
Lev Tolstoj, Anna Karenina

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I can listen no longer in silence. I must speak to you by such means as are within my reach. You pierce my soul. I am half agony, half hope. Tell me not that I am too late, that such precious feelings are gone for ever. I offer myself to you again with a heart even more your own than when you almost broke it, eight years and a half ago. Dare not say that man forgets sooner than woman, that his love has an earlier death. I have loved none but you. Unjust I may have been, weak and resentful I have been, but never inconstant. You alone have brought me to Bath. For you alone, I think and plan. Have you not seen this? Can you fail to have understood my wishes? I had not waited even these ten days, could I have read your feelings, as I think you must have penetrated mine. I can hardly write. I am every instant hearing something which overpowers me. You sink your voice, but I can distinguish the tones of that voice when they would be lost on others. Too good, too excellent creature! You do us justice, indeed.
Jane Austen, Persuasion

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Siamo o non siamo su un’invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole, su un granellino di sabbia impazzito che gira e gira e gira, senza saper perché, senza pervenir mai a destino, come se ci provasse gusto a girar così, per farci sentire ora un po’ più di caldo, ora un po’ più di freddo, e per farci morire – spesso con la coscienza d’aver commesso una sequela di piccole sciocchezze – dopo cinquanta o sessanta giri? Copernico, Copernico, don Eligio mio ha rovinato l’umanità, irrimediabilmente. Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

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Siamo tutti condannati a diventare noiosi.
Paul Valery

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All’orizzonte si prende presto l’abitudine. Per qualcuno si tratta solo di vapore, o di umori sfuggiti da campi lontani. Per dirla senza ritegno: una sorta di traspirazione che non può opporre la minima consistenza. Perciò, non si bada al nastro incerto che taglia in due lo sfondo; ovvero, gli si fa credito di un’occhiata distratta, essendo intanto intenzionati a cose più vicine e concrete. Quella tenue sfumatura, dietro innumeri oggetti scabri e taglienti, ha secato lo spazio e ci ha consegnati al tempo. Ma non è una presenza stabile: potrebbe in via d’ipotesi farsi ingoiare dalla distanza, ci vuol niente. Tanto che l’orizzonte non ha davvero complessione robusta come la linea dei monti, né come questi s’incunea di netto; esso è collegato esilmente con gli occhi di qui: per un batter di ciglia gli accade di venir meno, e disfarsi.
Marco Valerio Borghesi, La questione dell’orizzonte

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In questa trattoria di gente stanca
dove mangiare significa reagire,
dove la grazia d’una dattilografa
si percepisce nel tono delicato
d’un piatto di fagioli chiesto tiepido,
dove un viaggiatore analfabeta
emancipato per via dello stipendio
spiega a una turista anacoreta
che il rialzo dei biglietti ferroviari
dipende tutto da questioni atlantiche –
non ho ragione d’essere contento
se il cameriere lieto della mancia,
leggendo la commedia del mio viso
m’ha detto che ho una maschera da negro?

In questa trattoria di gente ottica
dove non so salvarmi dagli sguardi,
condannato al sentimento della morte,
serrato tra furore e timidezza –
non ho ragione d’essere felice
quando divoro una bistecca che fa sangue?

Il mio complesso è una tragedia antica:
devo scrivere e vorrei ballare.
Massimo Ferretti, In trattoria

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D’un colpo, ogni cosa è cambiata, il tono, l’aria, non si sa che pensare, chi ascoltare. Quasi che per tutta la vita ti avessero condotto per mano come una bambina e, a un tratto, ti avessero lasciato: impara a camminare da sola. E non c’è nessuno intorno, né amici, né autorità costituite. Allora ci si vorrebbe poter affidare all’essenziale, alla forza della vita o alla bellezza o alla verità, perché esse, e non le autorità umane ormai travolte, ti dirigano in modo sicuro e senza riserve più di quanto non avvenisse nella solita vita di sempre, ora tramontata e lontana.
Boris Pasternak, Il dottor Zivago

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La tramontana screpola le argille,
stringe, assoda le terre di lavoro,
irrita l’acqua nelle conche; lascia
zappe confitte, aratri inerti
nel campo. Se qualcuno esce per legna,
o si sposta a fatica o si sofferma
rattrappito in cappucci e pellegrine,
serra i denti. Che regna nella stanza
è il silenzio del testimone muto
della neve, della pioggia, del fumo,
dell’immobilità del mutamento.

Son qui che metto pigne
sul fuoco, porgo orecchio
al fremere dei vetri, non ho calma
né ansia. Tu che per lunga promessa
vieni ed occupi il posto
lasciato dalla sofferenza
non disperare o di me o di te,
fruga nelle adiacenze della casa,
cerca i battenti grigi della porta.
A poco a poco la misura è colma,
a poco a poco, a poco a poco, come
tu vuoi, la solitudine trabocca,
vieni ed entra, attingi a mani basse.

È un giorno dell’inverno di quest’anno,
un giorno, un giorno della nostra vita.
Mario Luzi, Come tu vuoi

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Se [noi Ebrei] non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo – e non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione – allora non basterà. Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portar chiarezza oltre i recinti di filo spinato, e congiungersi con quelle che là fuori ci si deve ora conquistare con altrettanta pena, e in circostanze che diventano quasi altrettanto difficili.
Etty Hillesum, Lettere 1942-1943

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Ma tu continua e perditi, mia vita,
per le rosse città dei cani afosi
convessi sopra i fiumi arsi dal vento.
Le danzatrici scuotono l’oriente
appassionato, effondono i metalli
del sole le veementi baiadere.
Un passero profondo si dispiuma
sul golfo ov’io sognai la Georgia:
dal mare (una viola trafelata
nella memoria bianca di vestigia)
un vento desolato s’appoggiava
ai tuoi vetri con una piuma grigia
e se volevi accoglierlo una bruna
solitudine offesa la tua mano
premeva nei suoi limbi odorosi
d’inattuate rose di lontano.
Mario Luzi, Se la musica è la donna amata

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Gli Dei, se sono giusti nella loro ingiustizia, ci conservino i sogni anche quando sono impossibili e ci diano sogni buoni anche se meschini. Oggi che non sono ancora vecchio, posso sognare isole del Sud e Indie impossibili, domani forse gli Dei mi daranno il sogno di essere padrone di un piccolo spaccio di tabacchi o pensionato in una casetta di periferia. Qualsiasi sogno è lo stesso sogno, perché tutti sono ugualmente sogni. Che gli Dei cambino a loro piacimento i miei sogni, ma non il dono di sognare.
Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares

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Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che forse esistono solo quando si è giovani, mio caro lettore. Il cielo era così stellato, così luminoso che, guardandolo, ci si chiedeva istintivamente: è mai possibile che sotto un simile cielo vivano uomini collerici e capricciosi? Anche questa, caro lettore, è una domanda da giovani, molto da giovani….voglia Iddio farla nascere spesso nell’animo vostro…..
Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche

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Un lettore di professione è in primo luogo chi sa quali libri non leggere.
Giorgio Manganelli

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Perché mi divori, se ho previsto la tua zanna?
Paul Valery, Quaderni, I

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LOVE AFTER LOVE [suggerito da Mariangela]
The time will come
when, with elation,
you will greet youself arriving
at you own door, in your own mirror,
and each will smile at other’s welcome,
and say, sit here. Eat.
You will love again the stranger who was your self.
Give wine. Give bread. Give back your heart
to itself, to the stranger who has loved you
all your life, whom you ignored
for another, who knows you by heart.
Take down the love letters from the bookshelf,
the photograph, the desperate notes,
peel your own image from the mirror.
Sit. Feast on your life.
Derek Walcott

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Nei tuoi profumi / remota, uno sfarzo / di giovinezza al tuo petto / arde carboni – un perfetto / sogno: le tue canzoni / diroccate dal vento.
Giorgio Caproni

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In questi tempi l’unico modo di mostrarsi uomo di spirito è di essere serio. La serietà come solo umorismo accettabile.
Ennio Flaiano

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Dispiace nei cosiddetti maestri non che cambino le idee, ma che le idee non li cambino.
Giuseppe Pontiggia, Sabbie immobili

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Mi fu detto: ragiona con il cuore; ma il cuore, come la testa, è un’inutile guida.
Dylan Thomas

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Ella sen va notando lenta lenta: / rota e discende, ma non me n’accorgo /  se non ch’al viso e di sotto mi venta.
Dante, Inferno, Canto XVII, vv 115- 117

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Nel mio rischio / di vivere riscopro il necessario, / la mia fame, la sete, il passo, il fischio, / la verità che a caccia dell’errore / gli apre le braccia nuda per amore.
Alfonso Gatto

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