Oggi in molte sale italiane esce il film a episodi “Feisbum”, ovviamente dedicato al social network del momento. Ho chiesto a Beppe Manzi, regista del booktrailer del “Sorriso del conte”, di raccontarci la sua esperienza di sceneggiatore di uno degli episodi del film. Ne sono venute fuori riflessioni molto interessanti sulla scrittura, sul cinema, sulla vita. [ccalz]
Nel recente film di Francesca Archibugi “Questione di cuore”, un bravissimo Antonio Albanese interpreta il ruolo dello sceneggiatore e spiega ad un bambino in cosa consista il suo lavoro: basta sedersi ad un tavolino del bar, indossare un paio di occhiali “particolari”, individuare la persona giusta, e costruirci attorno una storia, ovvero il suo passato, il suo presente e il suo futuro. Così nascono le sceneggiature, spiega, e così nascono i film. Così – più o meno… – è nato anche “Feisbum”, un film a episodi ispirato per la prima volta al social network Facebook. E quando a me ed Emanuele Sana è stato chiesto di sceneggiare la storia di “Gaymers”, il titolo del nostro episodio [da cui è tratta l’immagine], ci siamo trovati tra le mani quello che in gergo cinematografico si chiama “soggetto”, ovvero l’idea di ciò che sarebbe dovuto succedere: insomma, erano state individuate le persone, e si era già costruita la storia. A noi è stato chiesto di indossare un paio di occhiali “particolari” che ci consentissero di creare il mondo dei personaggi, le loro espressioni, il modo di parlare, e anche, non senza difficoltà, le parole che avrebbero dovuto pronunciare. Un paio di occhiali per creare il mondo di Andrea a Matteo, il nome dei due protagonisti, quello dell’amica Vera che li fa incontrare e degli altri personaggi che animano la vicenda. Ne è risultata una commedia – speriamo – piacevole, che ci siamo divertiti a scrivere ed Emanuele a dirigere, grazie anche al supporto degli interpreti, Andrea Bosca e Pietro Ragusa (entrambi visti in “Si può fare”) e Caterina Guzzanti.
E visto che in questo blog si parla di scrittura, concludo con una riflessione: scrivere per il cinema, scrivere una sceneggiatura, è forse l’arte meno visibile che esista, perché il tempo e i pensieri spesi, i fogli e l’inchiostro consumati, perdono valore non appena il film è concluso e viene proiettato. Ma come rispose Rossellini (durante le riprese di “Roma città aperta”) alla segretaria che gli faceva notare che gli attori non stavano rispettando il copione, “Questa è la sceneggiatura…quello è il film”, non resta altro, anche al “povero” sceneggiatore, che andare al cinema, chiudersi nell’incanto della sala, e aspettare la magia del proiettore.
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