È quadrato, in legno, misura circa 22,5 cm per lato. Al suo interno troviamo una discreta quantità di sabbia, sei sassolini, due attrezzi da lavoro in miniatura e altrettanti volatili a ingentilire. È un giardino giapponese, o zen. Contrariamente a tablet e smartphone, che ci connettono comunque altrove e con chissà chi, il presente dispositivo consente di metterci in relazione qui e ora con noi stessi. Se nella vita ordinaria e professionale usiamo in prevalenza le competenze logico-matematiche dell’emisfero sinistro del nostro cervello, sempre presi a fare, produrre e scombinare; ecco che il giardino zen attiva l’emisfero destro, quello creativo e affettivo, quello che spesso costringiamo in un angolo, soffocato dalle incombenze quotidiane. Grazie a un giardino siffatto prevale il gusto semplice e immediato di pareggiare la sabbia, disporre le pietre come meglio ci aggrada, smuovere la rena quel tanto che basta per ornare la visione. Cinquant’anni fa i Giganti in Proposta cantavano: «Mettete dei fiori nei vostri cannoni». Oggi contentiamoci di popolare case e uffici con questi giardini di sabbia, e mettiamoci mano di quando in quando a stimolare creatività, affetti ed emozioni. È proprio quando si è impegnati a far nulla che ci si scopre diversi e nascono le creazioni migliori.
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A proposito di creatività: che cosa rende tale un’invenzione?
2 Commenti
Bellissimo, ma il mio capo non capirebbe…
Enrica
Posso capire, cara Enrica, ma non demordere. Anzi: per Natale, regala un giardino zen al tuo capo, si sa mai che funzioni!
Un saluto, Claudio
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