Lux, le parole di Ida

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Ida, mia lettrice della prima ora, ha letto e poi riletto Lux, fino a distillarne una recensione davvero bella e per me assai lusinghiera. Non ho nulla da aggiungere: a voi le splendide parole di Ida. [ccalz]

Inizio la mia riflessione con una nota personale: mia madre era nata in Borgo Canale, mio padre in piazza Pontida, e hanno gestito un negozio per quarant’anni in via Quarenghi. Si figuri un po’ la mia gioia nel ripercorrere ancora una volta le vie del quartiere S. Leonardo e risalire da via Moroni a via S. Alessandro…
Ma parliamo del romanzo. Chiariamo subito che parte avvantaggiato chi ha letto il precedente “Esperia”, perché già conosce gli stessi personaggi, tanto ben caratterizzati, e lo stesso fondale su cui danzano e soffrono. I richiami sono numerosi e piazzati al momento giusto; ad esempio, il gioco di nomi tra l’automobile e la figlia di Dante è assai godibile, come l’antipatia incontenibile di Dante per i torinesi (leggi Fiat) o gli americani (leggi Cody). Gli anni sono passati, ma le teste sono ancora quelle. Lux, dunque: letto e ri-letto. È sempre così, perché quando i romanzi e i racconti sono belli, non ci si può fermare ad una prima lettura, è proprio necessario ‘ruminarli’ e riappropriarsene. Si scoprono delle piccole perle che al primo approccio erano rotolate via dal nostro sguardo, delle sfumature che erano sfuggite nell’ansia di procedere nelle pagine. Orbene, Claudio, lo stile è quello, e se piace si è davvero a cavallo! Ma io ho voluto scavare per trovare qualche cosa di nuovo e di diverso pur nella continuità, e l’ho trovato. Spiego.
Sono abbastanza anziana per aver goduto del periodo in cui Mamma Rai, per aprire i cancelli della cultura a più gente possibile, proponeva in sceneggiati (spesso molto pregevoli) i romanzi più famosi della letteratura mondiale. Succedeva a volte che nello svolgersi delle vicende dei protagonisti, queste venissero tra loro intrecciate da una voce narrante, fuori campo. Era un gioco psicologico per suggerire quello che i volti non riuscivano sempre ad esprimere. Ecco qui il nocciolo della questione! In questo suo nuovo romanzo, Claudio, ci sono i personaggi che ragionano e agiscono, ma c’è poi la sua mediazione che ne illumina i gesti e i pensieri, intervenendo con osservazioni folgoranti, battute inaspettate. Splendido l’inciso: “Della serie….”, che allarga a ventaglio le possibilità di interpretazione di un pensiero acuto o sgangherato. Molto simpatico anche il modo di giocare sugli equivoci e i fraintendimenti: te ne accorgi con qualche secondo di ritardo, dopo che le parole si sono inseguite nel cervello facendosi strada, e allora ti pieghi in due e scoppi in una risata. Davvero, non puoi farne a meno!
La storia non ha la tensione del giallo, come certo era in “Il sorriso del conte” e forse in “Esperia”, ma si dipana proprio come la vita, con le sue speranze e i suoi progetti, i suoi entusiasmi e le sue delusioni, le sue sconfitte, le sue gioie e i suoi dolori. E nel caleidoscopio dei sentimenti le figure maschili sono bilanciate in modo eccellente da quelle femminili; nessuno dei due sessi prevale sull’altro. (A proposito di sesso: un pizzico di peperoncino spruzzato ogni tanto qua e là, dà un tocco di piccante che non disturba).
Il fatto che il tracciato sia semplice non significa tuttavia che sia banale. E lo scritto, decisamente alla portata di tutti i lettori, lascia trapelare il profumo di una cultura seria e vasta, che va da Omero (con il cane di Ulisse) al Manzoni (con “la sventurata rispose” e il “matrimonio che non s’ha da fare”) e ad altri autori di tutto rispetto. Affascinante anche quell’ultima parte in cui i pensieri di don Giacomo si sovrappongono alla liturgia, celebrata rigorosamente in latino (che piacere, essere messi alla prova per la traduzione simultanea…). E che dire, del “peso del vuoto”, che incombe sulla famiglia della Nèta quando la matriarca esce di scena? L’avreste mai pensata una contraddizione così forte?
Da non trascurare, infine, la capacità di trasmettere al lettore – ormai lontano negli anni – la sensazione di pericolo incombente sulla società del tempo, uscita dalla Grande Guerra e insidiata dai primi venti di fascismo. Si avanzava nel progresso e insieme si respirava l’aria del nefasto cambiamento di rotta. Pennellate leggere, ma non superficiali. Sarcasmo a volte penetrante come una lama.
Credo che potrei continuare ancora per un paio d’ore a raccontare della bellezza e della suggestione del suo romanzo, Claudio, ma allora tanto varrebbe ritrascriverlo con nota a lato. Lasciamo invece che tanti, ma proprio tanti, buongustai della lettura lo apprezzino e ne traggano arricchimento, come è capitato a me.
Le faccio tutti i miei complimenti perché li merita, e non per una captatio della Madonna (le piace questo aggancio al Carlo Milesi da Borgo Canale?). E la saluto con la cordialità affettuosa di sempre.
 

1 Commento

  • Serena Posted 28 Maggio 2015 13:10

    Questa è davvero una bella recensione, molto ben scritta e tra l’altro si vede che Ida apprezza certa scrittura colta e divertente. A pensarci bene sui giornali a volte non sono così precisi, non capisci nemmeno se il libro è da leggere o no. E allora: a che servono le recensioni? Con questo pezzo capisci al volo che Lux è da leggere di corsa! Serena

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