Una classe complicata

In effetti il ricordo del mio primo giorno da insegnante ha smosso le acque. Tanti pareri positivi, commenti su FB, qualche lettera privata. Ebbene, Silvia mi chiede anche di rievocare un altro episodio di quei giorni davvero di trambusto. Vi ricordo che avevo solo 19 anni, una vaghissima idea di che cosa fosse la scuola, soprattutto le medie, ancor più soprattutto quelle di provincia. Ebbene, un paio di giorni dopo nella stessa classe capita quanto segue, vi assicuro su tutto quello che volete che è andata così. Son lì che faccio finta di insegnare, ovvero di capire come si fa, tra polimeri e altre per me ignote questioni, che a un certo punto si leva un grido dalla classe, una ragazza stavolta: “Basta! Mi suicidio!”. Proprio così, suicidio. Alzo gli occhi e ti vedo la summenzionata tredicenne che apre la finestra e salta giù senza manco una piega. Ora, immaginatevi lo sconcerto, il terrore. Ci ho messo un attimo a realizzare che la classe stava al piano rialzato, diciamo un paio di metri sul livello del mare, ma sotto passava la strada del paese, auto e compagnia cantante. Corro alla finestra, ma della stordita nessuna traccia. Neanche ematica, dico oggi scherzando, ma quel giorno vi assicuro non era il caso. Cerco di capire il motivo: la classe un muro di gomma, silenzio compatto. Vi ricordo che eravamo in sede staccata, non uno straccio di collega, di autorità costituita, manco un bidello. Solo, ero dannatamente solo con una truppa di ragazzi come imbavagliati. Alla fine una ragazza fa: “Sarà andata a casa”. Breve inchiesta, sta a poche centinaia di metri, ed ecco il busillo: abbandono il gregge per salvar la pecora? O sto qui sperando che la Provvidenza mi aiuti anche questa volta?” Ero lì come l’asino di Buridano, che la fuggitiva rientra come se non fosse successo niente. Stava benone, manco un graffio per fortuna. E nuovo busillo: che si fa in questi casi? Nota sul registro, rimprovero orale, chiamo i genitori, via dal preside, processo sommario, esecuzione? Nel dubbio la chiamo alla cattedra: “Allora, mi vuoi spiegare cosa…?”. “Mi palpava”. “Cosa…?” “Il XXX mi palpava” fa lei con indice puntato verso un maschio caucasico alto e grosso più di me. “Mi son buttata giù, così impara”. Sì, insegnare è una gran bella avventura.

Aggiungi Commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *